TRILOGIA DI HOLT: BENEDIZIONE-CREPUSCOLO-CANTO DELLA PIANURA Kent Haruf

TRILOGIA DI HOLT: BENEDIZIONE-CREPUSCOLO-CANTO DELLA PIANURA Kent Haruf Recensioni Libri e News

Trilogia di Holt: Benedizione-Crepuscolo-Canto della pianura, di Kent Haruf (NNE)

 

BENEDIZIONE

Ultimo capitolo della trilogia della pianura. Letteralmente divorata. La cominci a leggere per curiosità, e poi ti prende, non ha importanza se vai a lavoro, se devi mangiare, se ti chiamano per uscire la sera. L’unica cosa a cui pensi è: LO DEVO FINIRE, devo sapere.

 

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E così una volta completata, è vero, ti senti orfano. Senti che non ti basta più, vuoi sapere ancora, di più.

Benedizione è la storia di un uomo malato e del suo ultimo consapevole periodo di vita, dei suoi rimorsi, delle sue speranze svanite. Ma è anche la storia di sua figlia Lorraine, donna distrutta dalla morte della figlia che in qualche modo cerca di ricostruirsi, delle signore Johnson madre e figlia, sole, grandi e ormai tristi e della piccola Alice arrivata davvero come una benedizione nelle loro vite a darne in qualche modo un senso, un senso di vita in mezzo a tutti quei respiri di morte.

 

E così l’acquisto di una bici o un bagno in un abbeveratoio in uno splendido pomeriggio d’estate diventano divertimenti straordinari. Si dà e si riceve, a volte di più, a volte in egual misura. Haruf affronta con estrema delicatezza il tema della morte, ogni cosa ha un suo significato. La pioggia è al tempo stesso per un agricoltore dannazione e benedizione. Come può esserlo perdere il posto di pastore nella piccola chiesa della città, ritrovare il sapore della libertà di pensiero al di là di tutto, contro tutti, anche contro la propria famiglia. O un figlio contro un padre che sarà la sua stessa salvezza.

Non perdono una sola cosa ad Haruf. Non avermi fatto sapere più nulla del gigante buono, solo poche righe per congedare il personaggio a cui mi ero affezionata di più.

E se col primo avevamo un suono uniforme, leggero, e con il secondo una sinfonia qui si sente il rumore dei pensieri che gocciolano,
goccia
dopo goccia
dopo goccia.

Recensione di Luciana Galluccio

 

CREPUSCOLO

Sono tornata ad Holt. Mi sono seduta sulla panchina davanti al Wagon Well Cafè e sono rimasta ad aspettare guardando le montagne verdi lontane. E’ passato un bambino, DJ che insieme a Dena, una bimbetta vivace, tirava un carretto con sopra un tappeto lurido, il loro tesoro. Ho visto la stessa macchina sfrecciare da lì varie volte, la macchina di Rose, l’assistente sociale, a volte da sola, altre volte in compagnia di ragazzini o di adulti.

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C’era la tristezza nel suo sguardo e la stanchezza di una vita passata a vedere quanto può essere turpe l’animo umano. Il sole è calato, fa freddo adesso, si gela, le strade polverose si sono svuotate. DJ passa veloce con il nonno, imbacuccati per ripararsi dalla neve che comincia a gelare. Vedo il furgone di Raymond, adesso lo si vede più spesso in città, da solo o a volte in compagnia. E’ tornata Victoria, ha gesti consapevoli, da madre decisa ma amorevole. Ci sono storie di miseria, come quella di Luther e Betty, e ancora di solitudine come Mary Wells, abbandonata dal marito e costretta a crescere le due piccole figlie da sola, c’è la morte, dolorosa, triste.

 

Ma nessuno si perde d’animo e in questo freddo angolo di mondo la vita è più forte della morte, l’amore più forte della solitudine, la gentilezza cresce come un fiore brillante contro tutta la violenza che ha attorno. La vita continua. Dopo la giornata di sole, scende la sera, dopo la nascita si cresce e viene il momento della vita in cui ogni cosa si tinge di quel colore tenue, e si muore. Il secondo capitolo è in qualche modo per me un inno alla vita. A non arrendersi, a trovare il bello sempre in ogni cosa.

E a resistere, sempre e nonostante tutto. Non c’è più la musica lenta del primo. Qui è una sinfonia di emozioni. Unica certezza: non si può abbandonare Holt una volta arrivati. Ha una malìa che ti strega.

Recensione di Luciana Galluccio

 

CANTO DELLA PIANURA

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Non sapevo cosa aspettarmi da questa lettura. Ne avevo sentito meraviglie e di solito quando un libro è così osannato, nell’ultimo periodo almeno, ho paura a cominciarlo, preferisco un po’ immaginarlo al caldo, sperare che in qualche modo le speranze non vengano disilluse, finché la curiosità è tale che non posso più aspettare e i tempi divengono maturi.

Haruf è tanto che mi aspetta. Ed è stato un incontro bellissimo. Uno sbirciarsi da parte a parte di una sala da ballo, e poi mentre la serata trascorre trovare un pretesto per ballare insieme. Holt ha tanti occhi e conosce tante storie.

 

Tom e Ella in crisi matrimoniale, i loro figli Bobby e Ike, ragazzini solitari che vivono nella natura, Victoria, adolescente incinta e abbandonata da tutti e poi i due fratelli McPheron, i giganti buoni. La solitudine è un filo conduttore di tutti i personaggi, solitudine di pensieri a volte, come Tom, solitudine fisica negli altri casi ma che si attacca addosso come una coperta bagnata.

La prosa è un incanto, semplice e sinuosa scivola nell’anima e la acquieta come un balsamo. La storia è un respiro lento e per questo diventa subito parte integrante dell’io lettore. Ed è questo respiro il canto della pianura che sento nelle pagine che avanzano, le note lunghe, le pause, il riaccendersi del suono come la vita che scorre.

Recensione di Luciana Galluccio 

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