THÉRÈSE RAQUIN Émile Zola

THÉRÈSE RAQUIN Émile Zola

THÉRÈSE RAQUIN, di Émile Zola

Recensione 1

Di questo grande autore avevo letto, secoli fa, solamente “Germinal” che, ricordo, mi aveva molto impressionato per la notevole potenza narrativa e la grandiosità dell’affresco storico che proponeva. Uno di quei libri che non si dimenticano.

Teresa Raquin è un romanzo molto diverso; non c’è niente di storico ma una puntuale e spietata analisi delle umane pulsioni.

Mamma Raquin gestisce una piccola merceria in una viuzza del centro parigino. Con lei vivono il figlio Camillo e la nipote Teresa che la buona donna ha adottato. I due giovani saranno spinti ad unirsi in un matrimonio senza amore che non può funzionare. Teresa è sana e piena di vita mentre Camillo ha una salute cagionevole e un carattere introverso. La vita della famiglia Raquin scorre tranquilla, quasi oziosa, fra le giornate vuote della merceria e i ricevimenti del giovedì sera quando alcuni rari e selezionati amici vengono a giocare a domino. Un giorno Camillo porta a casa un nuovo amico, Lorenzo, un ragazzone rozzo e muscolare che turba l’inquieta e insoddisfatta Teresa.

Tra Lorenzo e Teresa nasce una passione carnale, quasi animalesca, mai doma.

Da questa descrizione potrebbe sembrare il solito romanzetto banale ma non è così. La narrazione di Zola è davvero magistrale. Certo non sono io a scoprirlo. I personaggi, ed in particolare i due principali, Teresa e Lorenzo, sono analizzati senza sconti e senza ipocrisie. Quello che fanno, quello che pensano, quello che progettano viene descritto con grande efficacia e la storia si avvia a grandi passi verso un crescendo di avvenimenti drammatici che non posso anticipare a chi legge queste righe.

E’ una storia molto intensa e raccontata magistralmente da uno scrittore unico. Le sfaccettature psicologiche della vicenda ne fanno un romanzo piuttosto complesso e forse un po’ impegnativo. Tuttavia la lettura è davvero scorrevole, direi limpida. Una lettura importante, più che meritevole.

Recensione di Stefano Benucci

 

Recensione 2

Vi propongo oggi, amici lettori., un noir che viene dal lontano 1867.
Anzi, qualcosa di più di un noir, visto che a scriverlo fu Émile Zola padre del naturalismo francese.

 

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Già una decina di anni prima Gustave Flaubert
aveva creato la sua splendida e controversa Emma Bovary, in linea con la nuova tendenza letteraria.
Ma Zola spinse più oltre l ‘opposizione al Romanticismo, per lui Naturalismo significava
registrare scientificamente quanto aveva osservato sui comportamenti umani senza la
partecipazione o il giudizio su quanto scriveva.
(Ammesso che si possa scrivere senza lasciare qualcosa di sé sulla pagina).

 

 

Di qui il suo stile asciutto, non sentimentale che però ha il pregio di una prosa sempre in tensione, senza troppe cadute di ritmo.

E noi, che di quell’epoca siamo abituati a leggere della vita salottiera di nobili e borghesi,
veniamo trasportati in una Parigi meno scintillante, nei vicoli dai toni cupi, tra persone per cui vivere era per lo più sopravvivere…

Qui, nei vicoli oscuri dei quartieri poveri, gestiscono una merceria zia e nipote, Terese,
costretta dalla zia a sposare il cugino malaticcio Camille, per garantirgli una futura assistenza.
Ma scoppia un’attrazione fatale fra Terese e Laurent, giovane amico di famiglia.

Sembra facile liberarsi del marito e vivere felici.
Fanno progetti per il delitto perfetto.
Organizzano una gita in barca con annegamento. E’ un crescendo di tensione e di emozione.
Dopo che tutto si è compiuto, si accorgono che
una cosa non avevano previsto : il senso di colpa generato dagli occhi fissi della zia ormai paralizzata e soprattutto lo spettro di Camille
che “vedono” aggirarsi per casa.
Sì allontanano sempre più..

 

 

E’ una storia maledetta, senza riscatto, testimonianza di un periodo storico in cui la miseria fisica e morale non potevano neppur lontanamente essere paragonate alla povertà
di oggi.

Se Emma Bovary pagò la sua inquietudine un po’ velleitaria, Teresa Raquin fu vittima della sua passione per Laurent, unico momento di luce nella sua miserevole e squallida vita.

Oscar Wilde definì questa storia “il capolavoro dell’ orrido.”
Ma tutto sommato, l’ho trovato rilassante!

Leggetelo, avrete insieme un avvincente noir + un classico d’autore.

Recensione di Ornella Panaro

 

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