
QUANDO LA TELEVISIONE ERA NARRATIVA – (OMAGGIO AD ALCUNI SCENEGGIATI RAI DEGLI ANNI 70)
In seguito all’ottima esperienza con “L’Odissea” di Franco Rossi e grazie all’iniziativa di un amico che mi ha prestato la sua collezione di DVD, ho potuto colmare una mia imperdonabile lacuna su alcuni sceneggiati RAI degli anni 70, un vero e proprio gioiello artistico che ben mostrava come la nostra rete nazionale fosse avanti come qualità, inventiva e visionarità. Questi sono i titoli che ho potuto vedere e con questo post voglio omaggiare quelle che ritengo a buon ragione vere e proprie perle narrative filmiche.

Queste 5 opere appartengono a generi differenti, hanno registi diversi (salvo due di queste) e hanno sviluppi narrativi differenti, eppure hanno degli elementi che le accomunano e che rendono ragione del loro grande valore artistico.
LE TRAME
Assolutamente iconico sin dalla sigla con la fischiata di “Cento Campane” il primo sceneggiato che ho visionato, “Il segno del comando”, un vero e proprio noir dalle tinte gotiche ambientato a Roma e con protagonista un professore intento a cercare una piazza descritta dal poeta Byron in un suo diario inedito relativo a un soggiorno nella Capitale. Il viaggio del nostro sarà una vera e propria caccia al tesoro con tanto di fantasmi, sedute spiritiche, figure enigmatiche, segreti nascosti nelle antiche ville della città e fatali ricorrenze. Un’opera ricca di un fascino nero e piena di misteri, con attimi di vera tensione e un finale aperto spiazzante.
Rimaniamo nel Noir con “Ritratto di donna velata”, ambientato a Volterra, dove il mistero di un quadro raffigurante una donna con un vello si intreccia con la ricerca di un’antica catacomba etrusca perfettamente conservata ma anche a un delitto sanguinario compiuto secoli addietro e ai presagi di morti trasmessi da un bambino medium. Anche qui un’opera dalle mille sfaccettature, forse per certi versi più lineare rispetto alla precedente ma ancora una volta con alcuni interrogativi che rimangono alla fine della visione.
Entriamo nel campo della fantascienza con “A come Andromeda”. In una base militare inglese viene realizzato un calcolatore di ultima generazione seguendo le indicazioni contenute in un messaggio ricevuto dalla nebulosa di Andromeda; attraverso questo strumento gli scienziati riescono a dialogare con una civiltà sconosciuta che invia loro le istruzioni per la creazione artificiale di un essere vivente in tutto e per tutto simile agli esseri umani. Mentre biologi, scienziati, militari e organizzazioni segrete cercano di sfruttare per il proprio tornaconto tutto questo solo un uomo, il professor Fleming, il primo ad aver preso parte al progetto, percepirà il grande pericolo e la minaccia che si cela dietro questa interazione.
Rimaniamo sempre nella fantascienza con “Gamma”, la storia di un uomo che in seguito a un incidente stradale si ritrova in coma irreversibile, venendo sottoposto a un innovativo quanto sperimentale trapianto di cervello. Parenti e amici riversano informazioni nella sua mente attraverso delle musicassette il cui contenuto viene filtrato e valutato da un computer al fine di ricostruire la sua memoria senza fornirgli elementi nocivi….almeno così credono. Lo sviluppo della storia ci mostrerà i comportamenti dell’uomo redivivo e alcune apparenti bizzarrie che troveranno una risposta solo nel tesissimo finale, una corsa contro il tempo dove pochi secondi potranno veramente fare la differenza.
Si torna infine al Noir, in salsa direi folcloristica, con “L’amaro caso della Baronessa di Carini” dove Luca Corbara, agente al servizio del Principe di Castelbuono, si reca a Carini per verificare la legittimità del possesso dei feudi, concentrandosi soprattutto sui possedimenti del Barone Don Mariano; la sua ricerca si intreccerà col temibile fatto di sangue-realmente accaduto- che vide nel 1563 la morte della Baronessa di Carini, protagonista di una poesia popolare (utilizzata anche come sigla dello sceneggiato e cantata da Gigi Proietti) e con la ricomparsa dell’antica setta religiosa dei Beati Paoli.
QUANDO LA NARRATIVA DIVENTA TELEVISIVA
Come potete vedere si tratta di storie tra loro molto diverse e con una linea narrativa che spazia tra il giallo, il noir, e il gotico e la fantascienza, eppure ci sono alcuni elementi che le accomunano. La prima cosa che salta all’occhio è la qualità della recitazione: gran parte degli attori vengono infatti dal mondo del teatro o hanno una formazione di quel tipo, e difatti si nota in primis una dizione perfetta, una buona tempistica nelle battute e una perfetta coordinazione tra le varie situazioni e la mimica facciale. Come dimenticare ad esempio in “Gamma” i realistoco tentativi di Jean (Giulio Brogi) di riprendere a parlare dopo un delicatissimo intervento al cervello, oppure le crisi del piccolo medium in “Ritratto di donna velata”. E che dire delle attrici, bellissime e seducenti senza avere neanche mezzo centimetro in più di pelle scoperta e dal talento recitativo fuori da qualsiasi dubbio, pensiamo per citarne una a Paola Pitagora e alla sua prova magistrale in “A come Andromeda”.
Un altro elemento da non sottovalutare è la scenografia: in un periodo dove la computer grafica e gli effetti speciali erano fantascienza riuscire a rappresentare anche le situazioni più complesse con degli scenari quasi da teatro, puntando soprattutto sulla capacità interpretativa degli attori principali, rende ragione del grande lavoro di ricerca e della grande preparazione delle persone che hanno lavorato a questi sceneggiati, dal regista all’ultimo dei tecnici, un lavoro capace di coinvolgere lo spettatore e di tenerlo incollato con una tensione non legata alla spettacolarità di ciò che vedeva ma alla concretezza di ciò che si materializzava davanti ai suoi occhi: pensiamo ad “A come Andromeda”, non vediamo mai la civiltà aliena e la quasi totalità delle scene si svolge in un grande laboratorio con un calcolatore di ultima generazione, un’apparente staticità che viene smorzata dai messaggi captati sottoforma di suoni emessi dal calcolatore stesso, in buona sostanza come riuscire a trasmettere l’adrenalina del contatto con un’altra civiltà senza cadere nel parodistico e senza effetto speciali che avrebbero reso il tutto fin troppo artificioso. Passando ad altro film non può non venire a mente la mano insanguinata della povera Baronessa di Carini sul muro del castello, anche qui la massima semplicità e proprio per questo più vicina alla sensibilità dello spettatore.
Un ultimo ma non secondario punto è il fatto che siano storie per gran parte di fattura italiana e non ispirate a romanzi o storie già scritte, so tratta insomma di veri e propri romanzi televisivi, da seguire con attenzione nella loro apparente lentezza come i capitoli di un libro (e non sapete quanto mi strugge il fatto che non esista un romanzo de “Il segno del comando”), e con tematiche quali l’esoterismo e il paranormale tutt’altro che scontate considerando i tempi.
Si tratta dunque di opere di altri tempi eppure
straordinariamente attuali, testimonianza di un’attitudine artistica dove gli attori diventavano i personaggi che interpretavano e non erano dei meri esecutori, dove ogni dettaglio della storia aveva una sua importanza e dove la perfetta armonia lavorativa portava a realizzare progetti pressoché perfetti, come la ricetta di un piatto perfettamente riuscita perché realizzata con rispetto degli ingredienti e dei procedimenti. Essendo tutti reperibili su Rai Play non posso che consigliare di andare a (ri)scoprire questi tesori della cultura di casa nostra quando la narrativa sapeva entrare anche bella dimensione televisiva!
Di Enrico Spinelli
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