PICCOLI RACCONTI DI MISOGINIA, di Patricia Highsmith
C’è Oona, che era sempre incinta “e non aveva mai conosciuto la pubertà perché suo padre l’aveva posseduta per la prima volta a cinque anni e dopo di lui i suoi fratelli”; c’è Claudette, la ballerina, a cui Rodolphe chiede di lasciare gli amanti; c’è Pamela, la casalinga piccolo borghese; c’è Elaine, per la quale “matrimonio significava figli”; ci sono Edna, Cathy, Sarah… E c’è Patricia Highsmith che, con impietoso cinismo, tratteggia con maestria le storie di tante -patetiche- donne che, a pensarci bene, ri-conosciamo anche noi: la casalinga, la traditrice, la vittima, la suocera, la seduttrice, l’artista…
Racconti brevi dal sapore amaro per riflettere su quale significato scegliamo di dare, ogni giorno, alla parola “donna”, categoria a cui -a volte, lo ammetto- mi vergogno di appartenere.
Che io, per dirla tutta, non vorrei mai essere trattata da oggetto; con una gatta morta o con un cervo non voglio avere nulla in comune; non faccio gli occhi dolci né capricci -né mostro gambe o scollature- per ottenere ciò che con le mie sole forze non otterrei; e non ho mai sentito la necessità di marcare il territorio o di impietosire per tenermi stretta un uomo.
Un libro scorrevole, senza troppi giri di parole; vero e terribilmente scomodo che insegna che si può narrare qualsiasi cosa senza giudizio.
Recensione di Erika Polimeni
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