PASSIONE SEMPLICE Annie Ernaux

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PASSIONE SEMPLICE, di Annie Ernaux


L’opera di Annie Ernaux sfugge a qualsiasi classificazione. Né autobiografia né romanzo; Negli anni Ottanta, dopo aver ormai raggiunto una certa notorietà, chiede personalmente alla casa editrice Gallimard di non definire le sue opere, di evitare qualsiasi riferimento a un particolare genere letterario. Di fatto la sua scrittura si muove libera e si avvale di generi vari: la prosa narrativa, la diaristica, l’etnografia, la sociologia, la biografia o l’autobiografia, ma fuori dalle definizioni. Lei si definisce una scrittrice non una romanziera. La fiction (la finzione) non è quello che cerca. Lei cerca la verità.

 

Passione semplice
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Si può certo dire che la sua opera matura non appartiene a nessuna delle categorie tradizionali della letteratura; la direzione presa nel suo percorso di scrittrice connota la sua ricerca artistica in maniera netta dividendo il popolo dei lettori in due: o la si ama o la si odia. La sua ricerca della verità, accanto alla sua lotta contro le ingiustizie sociali la porta a schierarsi contro lo scrittore Richard Millet, istigatore all’odio e alla violenza con certi suoi scritti, che toccano un dibattito ancora aperto nel panorama della letteratura contemporanea se si pensa agli scritti di Céline o Oriana Fallaci sull’argomento dell’integrazione.

 

 

Senza allontanarci troppo dal nostro intento che è quello di invitare alla lettura, in questo caso ricordiamo solo che questi fatti collocano la scrittrice in un certo luogo della scena letteraria, da una parte, e della scrittura dall’altra, dove forse questo è il senso innovativo che la distingue: questo suo affidare alla parola la sua sete di verità. Che mette in secondo piano il come.

In “Passione semplice” così si esprime: «non so in che modo la scrivo, se in forma di testimonianza, ossia di confidenza come si usa nei giornali femminili, di manifesto o processo verbale, ovvero di commento testuale.» (p. 26) Come dichiara in un’intervista, per Annie Ernaux scrivere equivale a una ricerca del vero che sopraggiunge dalla scrittura. Non è il ricordo del fatto narrato da solo. Il ricordo è un’immagine. Bisogna girarci intorno. È come in un film. Ci sono le elissi e le lacune. “Non è un romanzo è una decostruzione” dice parlando di un altro suo scritto autobiografico, ma sicuramente anche in “Passione semplice” viene decostruito il tempo dell’attesa della persona amata.

 

 

Un amante assente e sulla sua assenza si muove la penna della scrittrice. Assenza che cambia il suo quotidiano succube di un amore passionale, viscerale, potente. Vi è mai capitato di avere un (o una) amante? Questa la domanda che ci fa tra le righe la scrittrice. Perché allora la nostra esperienza di passione ci può guidare a comprendere. In fondo qui non ci colpisce la semplicità della passione richiamata nel titolo, ma la semplicità della scrittura.

Scrittura che si limita a constatare i fatti. Senza imbellire, senza il ‘fabulare’. Senza commentare. Come sottolinea il suo editore e traduttore di recenti pubblicazioni italiane, Lorenzo Flabbi (L’orma Editore) per tradurla ha dovuto fare un lavoro di sottrazione, di appiattimento, non perché si tratta di scrittura piatta, ma di scrittura resa piatta o fine come un coltello da un lavoro intenso per giungere alla semplicità dell’essenza. Per cogliere l’essenza della poetica di Annie Ernaux dobbiamo introdurre un altro suo pensiero riguardo alla distanza.

 

 

Fra lei e l’opera. Fra l’opera e il lettore. Fra il lettore e lei. O l’assenza come la chiama lei, sempre in un’intervista. Dove dice che una volta scritta l’opera, lei si assenta. Fono a quando viene pubblicata. Una volta pubblicata l’opera non le appartiene più. E questo è un po’ il suo approccio alla morte. Per questo non le fa paura. Pensa che quando i suoi lettori leggeranno la sua opera quando lei non ci sarà più, lei sarà assente proprio come si sente lei prima della pubblicazione.

 

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«Non provo naturalmente alcuna vergogna ad annotare queste cose, a causa del lasso di tempo che separa il momento in cui esse vengono scritte. […] da quello in cui saranno lette dalla gente. […]» (p. 38) Una distanza che mette in chiaro anche se fra parentesi il bisogno impellente della scrittura che e è pura necessità, non desiderio di mettersi in mostra: « (Sbaglia dunque chi paragona a un esibizionista colui che scrive sulla propria vita, poiché il primo non ha che un desiderio, mostrarsi ed essere veduto nel medesimo istante.)» (p. 38) La ricerca della verità comporta la ricerca della forma che nel fuggire ogni forma di finzione riporta a galla un elemento autobiografico. La provenienza sociale e familiare di persone umili nonostante poi lei abbia frequentato il mondo borghese della scuola e della letteratura.

 

 

Nata in Normandia nel 1940, Annie Ernaux cresce in una famiglia di operai; suo padre volle farla studiare e con immenso rispetto Annie Ernaux vive questo suo appartenere a due mondi opposti: la povertà che limita i mezzi espressivi e le possibilità economiche che aprono il destino alla parola. La verità sta nel ricordare le sue umili origini. Senza tradimenti. E la finzione la vive come un tradimento.

Sempre in un’intervista Annie Ernaux dice di essere un’immigrata dell’interiore, un’esiliata del di dentro. C’è come una cesura fra il suo primo mondo e il mondo del sapere al quale lei ha avuto accesso. Per lei scrivere è come scendere. Scendere nella memoria per giungere alle cose.

 

 

Uno stato altro rispetto alla vita quotidiana. Per lei vivere come scrittrice – cioè scrivendo – ha un senso. Il solo vivere (senza la scrittura) no. «Il tempo della scrittura non ha niente a vedere con il tempo della passione. Pure quando mi sono messa a scrivere, era per rimanere in quel tempo» (p. 58) E, che cos’è una passione se non rimanere in essa e nel suo tempo? Il desiderio di ritrovare quello che ci regala. Le emozioni e i gesti che altrimenti non si sarebbero generati. “Una passione semplice” è un capolavoro della scrittura lama di coltello che sa affondare nella verità e nella semplicità.

Dulcis in fondo, non può mancare un elogia alla traduttrice, scrittrice e figlia d’arte Idolina Landolfi che ben ha reso questa peculiarità di Annie Ernaux, vincitrice di svariati premi, come il premio Marguerite Duras, François Mauriac, il premio della lingua francese, il Premio Strega europeo 2016 e il premio von Rezzori, Città di Firenze 2019.

 

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