MIDDLE ENGLAND Jonathan Coe

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MIDDLE ENGLAND, di Jonathan Coe

Puoi parlare quanto vuoi di come ogni giorno sia un dono e di fermarti a annusare le rose.
Ma la vita quotidiana te lo toglie un pezzo alla volta.
La tua casa, le cose che possiedi… ti trascinano giù.
(Tony Soprano – The Sopranos)

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Questa citazione tratta dal noto serial americano può essere considerata un ottimo prequel di questo romanzo di Coe. Certo, si potrà obiettare, un mafioso italoamericano difficilmente potrebbe essere considerato un maitre a penser da un autentico Maestro della narrativa; ma in questa frase è racchiuso il senso, o almeno una parte del senso, di quello che Coe riesce a descrivere.

Ma andiamo con ordine.

Il gruppo di amici adolescenti che avevamo conosciuto in “La banda dei Brocchi”, è cresciuto, e tanto; li ritroviamo infatti che hanno appena varcato la soglia dei cinquanta e quasi tutti sono riusciti in qualche modo a seguire le proprie inclinazioni; persino Benjamin, il più sognatore, il meno pratico, quello più etereo e meno versato nelle cose del mondo, ha avuto successo nel rimanere sognatore, meditabondo, poetico e malinconico. Un successo estremo, visto che vive da solo in un vecchio mulino riconvertito ad abitazione, nel mezzo della campagna inglese, non lavora e non ha relazioni sentimentali. Agli altri le cose non vanno troppo meglio, anche se tutti sembrano aver fatto pace con quelli che Kipling definiva “i due impostori”, successo e fallimento, raggiungendo una relativa serenità.

 

Chi è cresciuto senza riuscire a seguire quelle che sembravano essere le proprie inclinazioni è invece l’Inghilterra dell’era della Brexit, che l’autore, ancora una volta, riesce a dipingere a tinte nitide nella sua ambiguità di fondo: un paese diviso, un paese i cui abitanti sono sempre più disillusi e cinici, una nazione indecisa tra le aspirazioni più moderne ed europeiste e quelle più conservatrici e identitarie. Sembra una storia già sentita, vero? Ogni paese d’Europa, contiene queste due anime, questa è una delle cose che si realizzano leggendo questa bella storia, e il nostro non fa eccezione. Quasi ogni cittadino europeo in realtà, sembra suggerire l’autore, in questo momento (pre-emergenza CoVid, naturalmente, il romanzo è del 2018) si interroga sulle reali chance di successo dell’Unione, con l’anima divisa tra speranza e disillusione. Non sono da meno Benjamin e i suoi amici di sempre e non sfuggono a queste dinamiche nemmeno i loro figli ormai adulti, con i quali i rapporti non sono sempre idilliaci, le cui storie personali si innestano armonicamente in quella principale.

 

Un momento di svolta come quello epocale del referendum sull’Europa va a impattare, ci racconta il bardo di Birmingham, sulla serenità delle persone, sui rapporti interpersonali e in parte anche sull’ordine sociale, con risvolti tavolta drammatici e qualche volta comici.

Come sempre infatti, Coe riesce nel delicato equilibrismo di accompagnarci in una fase di decadimento e malinconia dei personaggi (e della nazione), sui quali, come da citazione di apertura, la quotidianità sembra prendere il sopravvento, salvo poi riscattarli, sia con la delicata poesia del suo fraseggio che con la risata liberatoria che riesce ad evocare di tanto in tanto nella narrazione con il suo umorismo british.

Un gran bel racconto quindi, nel quale è facile identificare se stessi e la propria storia nazionale più recente, per capire qualcosa in più dell’Inghilterra e, marzullianamente, di noi stessi.

Recensione di Salvatore Gagliarde

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