LORD JIM Joseph Conrad

LORD JIM, di Joseph Conrad

Conrad è un autore inglese di origini polacche, noto soprattutto per il romanzo “Cuore di tenebra” e il racconto “La linea d’ombra”.
Molti suoi romanzi sono ambientati nei mari o nelle colonie inglesi, e hanno spesso come protagonisti dei marinai (infatti, da giovane, egli lavorava come ufficiale nella Marina inglese).
E questo è il caso di “Lord Jim”, libro bellissimo, meno conosciuto degli altri (non so per quale motivo) ma davvero intenso e sorprendente.

LORD JIM Joseph Conrad

Il protagonista è Jim, un giovane ufficiale delle navi che solcano l’Oceano Pacifico. Sogna di diventare il capitano di una nave, l’eroe dei mari. È un bellissimo ragazzo: alto e muscoloso, dai capelli ricci e biondi, con gli occhi azzurri. Si veste sempre di bianco. È il tipico ritratto del bravo ragazzo, “pulito” sia dentro che fuori.
Molte volte, però, l’apparenza inganna: infatti, un giorno, Jim viene posto a processo per un atto gravissimo e immorale, cioè l’aver abbandonato (assieme al capitano e ai macchinisti) la nave Patna, carica di passeggeri – ottocento pellegrini musulmani diretti alla Mecca – senza mettere alcuno di essi in salvo.

 

 

Un naufragio scampato- sapremo più tardi- ma ciò non toglie o diminuisce la gravità del fatto.

Marlow, un capitano, partecipa con curiosità e interesse al caso di Jim; assiste ai suoi interventi in tribunale. Però, più l’ascolta e più rimane sconcertato: ma quel ragazzo è stupido o solamente insensibile? Continui pure ad affermare la propria innocenza, ma è inutile: la sua colpa è tangibile a tutti, non ha scusanti. Eppure…

“Era il genere d’individuo che, soltanto a guardarlo, gli avreste affidato la guardia del ponte, sia in senso letterale che figurato. […] Poi sarei andato a dormire fra due guanciali: e, perdiana! avrei fatto una bella imprudenza. Sembrava schietto come una sterlina di zecca, ma nella lega del suo metallo v’era un elemento diabolicamente impuro. In che quantità? Oh, minima…la goccia più piccola possibile d’un qualcosa di raro e di maledetto; ma bastava a far nascere il dubbio che potesse essere tutto d’un metallo non più prezioso dell’ottone”.

 

Marlow lo conoscerà sempre più da vicino, e indagherà su di lui tanto da intraprendere un’inchiesta parallela a quella del tribunale: sulla colpevolezza della sua coscienza, sulla sua viltà.
Infatti, la questione è questa: che succede se non si riesce ad essere all’altezza dei propri sogni? La vera debolezza sta nell’aver compiuto uno sbaglio irrimediabile, o nel non riconoscere i propri limiti?
Jim stesso decide di confidarsi a lui come fosse un padre. Le sue insicurezze, i suoi sogni, i suoi lati di luce ed ombra costituiscono una contraddizione continua. Nasce un rapporto di fiducia molto profondo tra i due: quando Jim verrà radiato dall’albo dei marinai ed emarginato, il capitano cercherà di trovargli qualche impiego dignitoso, ma inutilmente. Lo spettro della colpa – il senso di colpa – lo insegue ogni volta, e lo costringe a fuggire. Diventa sempre più difficile, per Marlow, gestire questo ragazzo malinconico e impaziente, affidabile e traditore allo stesso tempo.

 

 

– Era un essere inafferrabile, un insolubile mistero – conclude Marlow – ma era pur sempre uno di noi –

Alla ricerca disperata di una seconda occasione, alla fine, la trova in un villaggio in Malesia, Patusan. Emarginato per sempre dal mondo occidentale, qui, sorprendentemente, riuscirà a riscattare la propria dignità, ergendosi a salvatore degli abitanti. Forse, troverà la propria felicità, l’amore e sarà stimato da tutti. Ma quella colpa – quella macchia dell’ animo – si manifesterà ancora? O sparirà per sempre? Riuscirà a scappare dal proprio destino?

“Non posso dire di averlo conosciuto nemmeno adesso che l’ho veduto per l’ultima volta; ma mi sembrava che, meno lo capivo, più mi sentivo legato a lui in nome di quel dubbio che è parte inseparabile di ogni nostra conoscenza”.

“Il cuore umano è tanto vasto da contenere tutto il mondo; tanto valente da sopportarne il peso; ma chi avrebbe, poi, il coraggio di liberarsene?”

Jim è uno dei protagonisti più enigmatici e intriganti che abbia mai letto, non si riesce a capire se in lui vi è il bene o il male, forse vi è solo una piccola goccia di male che, però, corrompe e distrugge tutto ciò che è bene.
In un certo senso, Conrad anticipa, sia a livello di scrittura che di contenuto, la corrente del Modernismo, per cui la realtà non può essere più raccontata totalmente, perchè non è più oggettiva, le verità da raccontare diventano irraggiungibili e sempre più parziali.

 

Il romanzo è diviso a metà: la prima parte è molto riflessiva, la seconda è piena di azione e colpi di scena. Una scrittura molto poetica ma non facile, ci sono continui salti temporali e molti personaggi, tra i più importanti: Stein, Doramin, Dain Waris, Gioiello, e i “cattivi”, Cornelius e Brown.

L’episodio che più mi ha colpito è l’incontro tra Gioiello (la fidanzata di Jim) e Marlow, nel quale la ragazza, inquieta, chiede al capitano se Jim prima o poi l’abbandonerà (non sa dell’episodio del Patna e, quindi, della sua emarginazione dall’Occidente), perché, la madre l’aveva avvertita: “prima o poi i bianchi se ne vanno da dove sono venuti, e non tornano più”.

Recensione di Martina Zucchini

 

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