L’OMBRELLO DELL’IMPERATORE Tommaso Scotti

L’OMBRELLO DELL’IMPERATORE, di Tommaso Scotti (Linganesi – gennaio 2021)

 

L’ispettore Takeshi Nishida della squadra Omicidi della polizia di Tokyo è chiamato a occuparsi di un delitto avvenuto all’interno di un anonimo appartamento: la vittima è un giovane senza precedenti ed è stato ucciso con un ombrello di plastica, di quelli che si trovano comunemente in vendita, per pochi yen, in ogni Conbini. L’analisi delle impronte digitali sull’ombrello, però, rivela che quell’oggetto è passato per le mani nientemeno che dell’Imperatore del Giappone e la scoperta complica non poco quella che sembrava essere un’indagine di routine, portando Nishida ad allargare i suoi orizzonti fino a territori nuovi anche per lui.

Non leggo molti gialli e la maggior parte di quelli che ho letto, lo confesso, li ho scelti per qualche ora di relax sotto l’ombrellone o per alleviare il tedio di un lungo viaggio e presto li ho dimenticati; il libro di Scotti mi è capitato in mano abbastanza fortuitamente e l’ho trovato un romanzo scorrevole, ben scritto, avvincente quanto basta per farne un buon giallo che sicuramente consiglio agli amanti del genere, eppure non è per questo che ho deciso di parlarne con voi.

A colpirmi maggiormente sono stati due aspetti: prima di tutto il fatto che sia opera di un italiano residente a Tokyo (ormai va di moda), il secondo è che detto italiano evita sapientemente tutta la serie di cliché sull’”Oriente visto da Occidente”, risparmiandoci storielle di gatti e bonzi, descrizioni di ciliegi in fiore e laghetti illuminati dalla luna, risparmiandoci pure l’altrettanta stantio “zen in pillole” con cui certi libri di moda abbelliscono le narrazioni di quelle che sono, alla fine, guide turistiche truccate da romanzi.

Scotti, in questo romanzo, racconta un Giappone senza ciliegi e senza sole, oppresso dall’umido clima estivo, dove la luna è sostituita dal neon dei quartieri dei divertimenti nei quali si muove un’umanità di persone schiacciate dal peso di una società che segue ancora codici d’onore risalenti a secoli prima, nel quale il fallimento professionale è un’onta da lavare con la vita, le studentesse si prostituiscono abitualmente per ottenere beni di lusso, le famiglie si sfasciano in modi drammatici nell’indifferenza generale, perché la legge lo permette, dove la più feroce competizione s’impara sui banchi di scuola e chi non ce la fa viene emarginato, rifiutato, abbandonato a se stesso. Un paese che dietro il fascino della cerimonia del tè e dei giardini ben curati nasconde ancora pesanti discriminazioni, dove essere stranieri – gaijin – è qualcosa che marchia indelebilmente e che non lascia spazio a tentativi di integrazione. Un paese dove la polizia ha metodi brutali, abbastanza lontani dal nostro concetto di “rispetto dei diritti” e dove esiste ancora – e viene applicata – la pena di morte.

Io, come forse saprete se frequentate questo gruppo da qualche tempo, mi sono occupata spesso di Giappone, sotto molti aspetti, e sono rimasta piacevolmente sorpresa dal fatto che il libro di Scotti, per una volta, porti agli occhi dei lettori italiani anche questi aspetti, che sono il naturale complemento del quadro di un paese lontano, affascinante e complesso ma pieno di contraddizioni, ancora dilaniato da contrasti sociali e molto distante, secondo me, dal “perfetto luogo in cui mi trasferirei” espressione che leggo in tanti commenti di chi, del Giappone, ha un’idea idealizzata e superficiale.

Certo, ribadisco, questo è un giallo e non un trattato di sociologia: l’intento dell’autore è divertire e ci riesce, ma al di là del caso da risolvere, ho davvero apprezzato il suo approccio.

Recensione di Valentina Leoni

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