L’ISOLA DEL GIORNO PRIMA Umberto Eco

L'isola del giorno prima U. eco

L’ISOLA DEL GIORNO PRIMA, di Umberto Eco

 

Riassumere un libro di Eco è cosa complicatissima, perché ogni sua opera è come una scatola cinese, ce ne sono, una dentro l’altra parecchie, e spesso sono speculari ed invertite. Ci proverò. Si inizia parlando di mare e marinerie, di oggetti di bordo e strumenti di navigazione. Siamo in mare, dispersi non su un ‘isola bensì su una nave abbandonata. Il protagonista vi è naufragato, unico superstite dopo una tremenda tempesta. Lo accompagniamo sin da subito nelle sue esplorazioni quotidiane che diventano via via sempre più investigazioni e gradatamente cresce la suspense, ci contagia con la sua curiosità, come in un vero e proprio giallo. Roberto de Lagrive scrive una lettera e attraverso queste missive, si fa cronista di se stesso, rievoca ricordi della vita passata alla scoperta di un qualche segno premonitore, è quindi autore e al contempo attore, e la sua prosa, meticolosa, ricercata, arzigogolata ci immerge totalmente nella sua epoca, quel ‘600 dove ogni elemento viene teatralizzato, sulla scia di un gusto per lo stupore, il mistero, la grandiosità.

Scopre all’interno di questa nave, che sembra dilatata, raccolte botaniche, una sorta di eden, wunderkammer, oggetti insoliti, strumenti per calcolare il tempo, collezioni ornitologiche, antri di curiosità e meraviglia. Spalanca gli occhi davanti a fogge e colori vegetali ed animali strabilianti, tutto sembra un dipinto, inventato dalla fantasia di qualche artista di nature morte. La duplicità dei piani, in questo scambio surreale tra fantasia e realtà, trova il suo pendant nel contrasto fra luce del sole (di cui è fobico) e buio della cabina, fra il presente su questa nave deserta e il suo passato da giovane cavaliere, tanto che non sa più nemmeno lui se è frutto di un incubo, frutto della sua fervida immaginazione, o se tutto ciò gli stia accadendo davvero.

La nave diventa il teatro della sua memoria, gli amori, le conversazioni filosofiche con colti compagni d’armi, la sua formazione militare e culturale, la sua partecipazione alla Guerra dei 30 anni, l’esperienza dell’assedio di Casale Monferrato, le scorribande parigine, l’arresto, la sua partenza per mare e via di seguito, scendendo nei dettagli, tutti gli eventi, luoghi, incontri importanti della sua vita. Per sopravvivere – scrive- bisogna raccontare delle storie. Veniamo a scoprire così che il motivo per cui si trova lì è spionaggio bello e buono, in un’epoca in cui detenere talune conoscenze geografiche, scientifiche, astronomiche significava dominare i mari e scoprire nuove terre. Un pò navigatori, un pò medici, un pò esploratori, un pò filosofi, un pò scienziati, sono molti i personaggi – taluni eccentrici e discutibili- che vengono così messi in campo dalle nazioni più interessate alla triade commercio, ricchezza, potere.

Roberto si infiltra tra loro, ne segue ed analizza i ragionamenti, ne osserva i metodi, ce li racconta per filo e per segno e alla fine, proprio su quella ultima nave della sua vita, ne troverà un raro esemplare. E’un vecchio gesuita, matematico, astronomo e fisico, padre Kaspar, che gli farà incredibili rivelazioni, gli mostrerà sue bizzarre invenzioni, incarnando totalmente lo spirito della sua epoca, mescolando dettami sacri della Bibbia con asserzioni scientifiche, e questa sua insana esaltazione lo porterà a fare una brutta fine. Non prima però di farci sorbire passo passo tutte le sue fantasiose ed astruse teorie sulle leggi dell’Universo, alternate, per alleggerire- a descrizioni di flora e fauna della barriera corallina, come giardini sottomarini, come creazioni cesellate da orafi abilissimi, come tessuti preziosi drappeggiati da danzatrici. Come poi Eco riesca ad inserire in tutto questo un’altra storia nella storia, un alter ego, uno scambio di gemelli, storie rocambolesche prese da A. Dumas, degne di D’Artagnan e i Tre moschettieri, cospirazioni, tradimenti, maschere di ferro e chi più ne ha più ne metta.. ha quasi del miracoloso. Bisogna stare attentissimi a non perdersi.

Un ‘immersione totalizzante nel mondo barocco, con le sue leggi, i suoi gusti, le sue iperboli linguistiche, le sue visioni, i suoi personaggi oscuri, il gusto del macabro, la Vanitas e il senso della morte, l’esaltazione della vita, i rimandi e gli specchi, i simboli e le metafore, gli emblemi e le follie, le sue fantasie e i suoi giochi, la storia vera ed i romanzi, le simulazioni e le stravaganze. Circoscrivere questo libro è pressoché impossibile, è labirintico, circolare, con tante linee di fuga, senza conclusione, senza un nucleo centrale, e alla fine, quando ne esci, capisci che anche lì, come nell’universo, come nella vita, non ci sono certezze, è così mutevole, volubile, che l’unica salvezza è lasciarsi andare, lasciarsi prendere.

Recensione di Anna Caramagno
L’ISOLA DEL GIORNO PRIMA Umberto Eco

L’isola dei tesori, dove gli animali sono preziosi

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