LE SCHEGGE, di Bret Easton Ellis (Einaudi – settembre 2023)
Ho iniziato a leggere Le schegge e immediatamente sono stata risucchiata in un vortice di sensazioni. Alle volte la scrittura può fare dei miracoli richiamando alla memoria ciò che non hai vissuto. Attraversi una soglia, sospendi l’incredulità e parti per il viaggio. Perché Le schegge è, appunto, un viaggio, un percorso negli inferi di una mente febbrile, un’esperienza immersiva che ti dà l’illusione di essere a Los Angeles. La vera protagonista è, infatti, proprio la città californiana, capitale dell’impero, percorsa dai venti di Santa Ana, paradiso artificiale talmente spersonalizzante da far balzare agli occhi di chi legge le solitudini di ragazzi e adulti, mentre una colonna sonora assordante e intrusiva contribuisce a farci entrare nei superattici e nelle case di Muhalland drive dal gusto ispanico.
Il lettore si smarrisce in questo delirio anni ’80, mentre la vita di un gruppo di adolescenti viene dissezionata e le loro esistenze si avvicinano sempre più a quelle di un noto serial killer, passato alla storia con il nome del Pescatore a strascico. Il narratore è capace di suggerire una ipotesi per poi confutarla, e da queste supposizioni viene ricreato un mondo, quello degli inizi degli anni ’80 con il suo ostentato benessere e in ogni momento si ha l’impressione che la sovrabbondanza di dettagli che in un altro scritto avrebbe appesantito l’immersione qui funziona proprio perché la spirale ipnotica di informazioni crea una situazione volutamente iperbolica.
Da un lato la Los Angeles del consumismo sfrenato, dall’altro l’ insinuarsi del dubbio che quel mondo patinato contenga il seme della follia. Perché in questo ci stiamo addentrando, in un lucido trip dove più nulla conserva la sua stabilità ma la mente febbrile del protagonista compone e scompone in schegge le sue verità che avviluppano il lettore in una esperienza infernale. È strano e straniante il libro perché da un lato prova a ricostruire un’atmosfera restituendoci in chiave multisensoriale il mood di un’epoca, dall’altro, però, si muove su un limite e la ricostruzione a un tratto sembra più vagheggiata che realistica.
E allora è come se due identità, un Bret giovanissimo dalla fantasia febbrile e il Bret narratore ormai ultracinquantenne si fronteggiassero e ogni tanto si dessero appuntamento. E la vera sfida è quella della creazione artistica, della verità e della menzogna che si mescolano
Recensione di Marianna Guida
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AMERICAN PSYCHO Breat Easton Ellis
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