
LA TORRE D’AVORIO, di Paola Barbato (Neri Pozza – ottobre 2024)

Un thriller psicologico perfettamente orchestrato, dove nulla è come sembra e nessuno è chi dice di essere. Mariele la protagonista oggi non esiste più, il suo nome è Mara Paladini. Dopo diversi anni passati in una REMS (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) per tentato omicidio, oggi vive in un appartamento, traduce testi dal russo, non ha vita sociale e ha rinchiuso il suo passato dentro pile di scatoloni che occupano gran parte dello spazio in cui abita e che rappresentano una sorta di prigione morale. L’imperativo assoluto è non aprire mai più quelle scatole con cui è costretta però a vivere facendo i conti ogni giorno con i suoi trascorsi.
Mara ha tentato di seppellire i suoi ricordi, ma è davvero possibile cancellarli? Torniamo indietro nel tempo, Mariele è affetta dalla sindrome di Munchausen per procura, un disturbo psichiatrico che porta il soggetto che ne soffre, a far ammalare le persone che ama, per poi prendersene cura attribuendosi il merito della guarigione, alla nostra protagonista però qualcosa non va come dovrebbe andare. Un thriller serratissimo dove le vicende di Mara si intrecceranno con le vite di altre quattro donne dalle menti psicologicamente disturbate, con alle spalle storie agghiaccianti, di cui la Barbato ne traccerà un profilo dettagliato e senza veli. Il libro inoltre è ricco di colpi di scena, d’imprevisti e rovesci improvvisi delle situazioni.
Devo dire che ho trovato particolarmente interessante anche la ricerca in ambito botanico che l’autrice ha fatto in relazione ad alcune piante come la Digitalis purpurea il cui distillato delle foglie è tossico e che nel romanzo viene utilizzato come veleno. Nel libro si affrontano tematiche molto difficili; può una persona che ha ucciso redimersi? Si può parlare di perdono per chi ha commesso un atto così grave? Sicuramente l’autrice affonda le mani nel dolore mettendoci di fronte situazioni non convenzionali, dove niente è mai come sembra. Infine vorrei spendere due parole sul significato della “Torre d’avorio” essa è un’edificazione mentale di tutto ciò che vorremmo rimuovere, ognuno di noi ha qualcosa del passato che vorrebbe dimenticare, ma che in realtà non non può cancellare e come dice Paola Barbato, “ il nostro passato è sepolto sotto tanta sabbia e poca terra” prima o poi riaffiora.
Recensione di Marzia de Silvestri
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