LA LEZIONE DI ENEA Andrea Marcolongo

LA LEZIONE DI ENEA, di Andrea Marcolongo (Laterza – settembre 2022)

 

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“Solo una cosa significa essere Enea: alla distruzione rispondere ricostruzione” .

Non avevo mai letto nulla di Andrea Marcolongo, scrittrice e giornalista, laureata in Lettere antiche all’Università degli Studi di Milano e l’ho scoperta grazie al regalo, graditissimo, che mi ha fatto un amico a me molto caro nonché validissimo e preparatissimo docente e fine intellettuale. Tutti, a scuola, abbiamo letto l’Eneide così come i classici omerici, Iliade e Odissea. Questi ultimi ci hanno affascinato subito: azione, forza, eroismo, inganni, viaggi incredibili con altrettante situazioni inimmaginabili, presenze costanti degli dei che influenzano i destini degli eroi. L’Eneide diventa “difficile” da capire subito: tutta velata da una dolce malinconia, da un eroe che è “l’antieroe omerico”…non fa nulla per impeto ma ragiona e si adegua al volere degli dei anche se il suo cuore non vuole( penso al quarto libro, alla disperazione di Didone o all’inizio della guerra con Turno).

Enea è l’eroe che incarna il senso del dovere: si impegna a fare quello che è necessario, e a farlo bene ; è rappresentato come l’umo che porta sulle spalle il padre e tiene per mano suo figlio, simbolo dell’uomo che porta con sé il suo passato e tiene per mano il futuro. Virgilio ed Enea sono strettamente legati a Roma: il primo è coinvolto dal programma moralizzatore di Ottaviano Augusto, il secondo getterà le basi per la nascita di Roma. Come afferma la Marcolongo: “le lezioni di Enea sono la resistenza, la ricostruzione e la speranza. Se abbiamo qualcuno a cui chiedere come uscire da un periodo di crisi, quello è sicuramente Enea.

L’Eneide è un manuale di istruzioni su come orientarsi tra un prima e un dopo. Ci chiede di resistere al ricatto della paura. Come lui, non possiamo concederci, ad esempio, i lussi di Ulisse, che era solo, quindi poteva avventurarsi in situazioni al limite. No, noi abbiamo delle responsabilità verso gli altri, proprio come le aveva Enea”. L’eroe- antieroe che cerca un nuovo inizio con in mano il bene più prezioso: la capacità di resistere e di sperare. Nel saggio anche la parola “Pietas” viene rivalutata non è fede, non è misericordia, ma avere uno scopo, fare ciò che si deve con senso del dovere e dignità. Anche il concetto di “fatum”, “fato”, tradotta comunemente in “destino” è, per l’autrice, un più forte “obbligo”. L’autrice riesce anche a demolire punto su punto, la strumentalizzazione che il fascismo aveva fatto dell’opera di Virgilio. Un testo consigliatissimo da leggere.

Recensione di Lidia Campanile

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