LA BOMBA Enrico Deaglio 

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LA BOMBA, di Enrico Deaglio 

Lo ammetto, sono in fissa per la vicenda di Piazza Fontana. L’anno della strage avevo due anni ed ovviamente non ricordo nulla. Ma la mia memoria biostorica legata a quel periodo è connotata da immagini in bianco e nero riflesse da schermi televisivi lattescenti e panciuti, dove comparivano prevalentemente uomini dai volti arcigni sormontati da montature spesse e scure, incorniciati da scriminature e brillantine.

 

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E poi il fumo, tantissimo, perché si fumava ovunque. Al bimbetto malinconico che ero quelle immagini facevano un’impressione terribile. Anni dopo, girellando per la vecchia casa al centro del paese, fui colpito da un volumetto dalla copertina rossa dimenticato su una mensoletta che ritraeva un uomo che salutava con il pugno chiuso. Quell’uomo in copertina era Pietro Valpreda. Lessi compulsivamente quelle pagine ingenue e malamente rilegate dal titolo fortemente evocativo (La strage di Stato) dove ritrovai le immagini sgranate in bianco e nero che tanto mi sconvolgevano: ragazzi dai capelli lunghi in gruppi o da soli, che fumavano; uomini in grisaglia che fumavano; piazze ed edifici e treni che fumavano.

 

 

Questi però fumavano a causa dell’esplosione di bombe. Scoprii che nel nostro Paese si era combattuta e si stava combattendo una guerra civile a bassa intensità in un’epoca di pace apparente e di democrazia compiuta. Che c’erano stati giovani soldati irregolari drogati di ideologia impegnati in questa guerra che aveva generato centinaia di vittime innocenti. Che lo scopo finale di questa guerra era oscuro, occulto, eterodosso. E che il primo, vero atto di belligeranza, dopo alcuni altri preparatori, era stata la bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Dopo la lettura di quelle pagine ingenue mi sentii spinto a schierarmi in questa guerra, almeno e solo da un punto di vista ideale, e mi schierai dalla parte delle vittime.

 

 

Da allora ho cercato di seguire l’intricato filo di depistaggi, omissioni, insabbiamenti posti in essere dagli apparati statali che conducevano silenziosamente questa guerra, leggendo via via quasi tutto quello che veniva pubblicato. E più gli anni passavano dagli accadimenti e più cresceva la mia indignazione per l’impunità dei colpevoli e per l’incapacità di questo Paese di fare i conti con il proprio passato, fissandolo negli occhi e chiamando gli avvenimenti con il loro nome. La mia rabbia frustrata cresce perché tutti noi, è bene non scordarlo, traguardiamo il futuro seduti sulle spalle di coloro che ci hanno preceduto; e per la vicenda di Piazza Fontana, e per quelle che si sono succedute, chi ci ha preceduto ha un gran bisogno di giustizia.

 

 

Quello di Enrico Deaglio è solo l’ultimo scritto su questi fatti terribili che può essere ad un tempo un ottimo inizio per chi nulla ne sa ed un apprezzabile chiosa delle opere che lo hanno preceduto.

 

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