Intervista a Andrea Carloni, curatore e traduttore del testo “Le lettere a Nora” di James Joyce
Intervista n 204
– Quando e come è nata l’idea di tradurre e curare un testo del genere?
L’idea è nata un paio di anni fa, quando già mi occupavo da tempo di James Joyce con il canale YouTube “Ritratto di Ulisse” e con la traduzione in italiano della sua silloge poetica Chamber Music / Musica da Camera (Castelvecchi, 2022). Un lavoro sulla corrispondenza con la sua compagna Nora Barnacle avrebbe potuto, a mio avviso, affrancare la figura e l’opera del grande autore irlandese dall’inavvicinabilità che gli viene quasi sempre associata, così da poterlo diffondere a un pubblico più ampio – non solo quello degli appassionati o degli esperti.
– Lei si occupa di poesia e traduzione come redattore in “Laboratori Poesia” (Samuele Editore). Quando è nata la passione per la poesia? Ci racconta in cosa consiste tale laboratorio?
Quello per la poesia è un interesse che persiste da tempo e che nel tempo ha cambiato forma e modalità. Ciò che negli anni tardo-adolescenziali poteva manifestarsi come una fruizione spassionata e quindi anche acritica della poesia, oggi si è trasformata in una ricerca più selettiva, anzitutto sul linguaggio. “Laboratori Poesia” rappresenta un contesto nel quale una pluralità di voci può esprimersi e confrontarsi in merito alla smisurata offerta poetica attualmente proposta dall’editoria; nel mio caso, ad esempio, mi occupo in “Laboratori Poesia” soprattutto di traduzioni poetiche. Per Samuele Editore uscirà a breve anche la mia traduzione della seconda silloge di Joyce, Pomes Penyeach / Poemi da un penny.
-Dalla sua Bio si evince una profonda passione per James Joyce. Quando e come ha scoperto quest’autore? In cosa si vede simile a lui? Cosa non vi è al contrario di lui nella sua persona?
Lo scoprii negli anni del liceo, per quanto fosse arduo avvicinarmi ai suoi scritti autonomamente, senza l’ausilio di internet o di tutti i saggi critici che attualmente proliferano sull’autore. Ulysses mi colpì subito per la sua capacità destabilizzante di non lasciarsi prendere e definire, per lo sperimentalismo la cui manifestazione era però sempre al servizio di un’incredibile potenza musicale e al contempo comica del testo. Mi è sempre piaciuto scrivere e, con presunzione giovanile, mi sono spesso confrontato con i miei maestri. Ma con Joyce capii che qualsivoglia confronto non sarebbe stato neanche lontanamente possibile. Penso sia per questo che ancora lo leggo, ne scrivo e ne parlo.
-Quando e come ha scoperto l’amore per la scrittura? Qual è la prima cosa che ha mai scritto in assoluto?
Sin da bambino mi ritrovavo spesso a scrivere, senza particolari consapevolezze. Dettati, pensierini e letterine a Babbo Natale a parte, i primi tentativi furono brevi racconti, più o meno fantasiosi. Riuscivo a prendere bei voti a scuola scrivendo temi anche su argomenti che non necessariamente conoscevo bene. Poi con l’arrivo delle e-mail mi capitava di ricevere apprezzamenti dagli amici per quel che scrivevo loro normalmente, e così via… Scrivere non mi ha mai annoiato e, in un modo o nell’altro, mi ha fatto spesso sentire a mio agio: questo può anche non essere del tutto positivo per uno scrittore, il quale, credo io, non dovrebbe eccessivamente “accomodarsi” in ciò che compone, per non cadere ostaggio del “già detto” e delle egoicità dell’ispirazione che a volte andrebbe più domata che invocata.
-Qual è il libro di James Joyce che più la appassiona e perché?
Ulysses e Finnegans Wake, senza dubbio, sono libri che hanno sconvolto la letteratura e dopo i quali difficilmente si torna indietro; in termini di innovazione e visionarietà credo che non sia facile trovare altri concorrenti. Allo stesso tempo Joyce, oltre a essere forse lo scrittore più trattato al mondo dalla critica, è anche quello più a lungo venduto fra quelli storicamente meno letti. Una vita non basta per coltivare una passione per questi suoi due libri, per lo meno non a me: anche per questo non mi pento di essere ancora qui a provarci.
-Ha un sogno nel cassetto?
Cerco per quel che posso a tenermi lontano da ambizioni, sogni e aspettative; non è per niente facile, ma quando ci riesco sto meglio e scrivo meglio. Se poi considero il fatto che già da piccolo mi sentivo attratto l’idea di poter pubblicare qualcosa che altri potessero leggere, che fosse un giornale o un racconto o un libro, oggi posso dire che ciò sia in qualche modo accaduto. Quindi potrei anche star benissimo così, a cassetti vuoti.
-Nel testo “Le lettere a Nora” vi è una sessualità raccontata con crudezza e sfacciataggine. Ha mai temuto di risultare volgare? La reputa da parte di Joyce una scelta avventata per quei tempi?
Non ho mai avuto particolari obiezioni contro la volgarità o l’oscenità trovandole, al contrario, ben più interessanti e concrete di altri contesti in cui si tenta di sventarle in nome di un qualche vago principio artistico, etico o estetico. Oggigiorno credo sia da preservare più l’affondo dello scandalo, rispetto all’innocuo contenimento del politicamente corretto o la prevedibilità della trasgressione. Nel caso del testo in questione, occorre sempre ricordare che si tratta di una corrispondenza privata, senza intenzione di diffusione da parte di Joyce. Ma non si può neanche affermare che le sue pubblicazioni fossero innocue. Ulysses fu censurato per oscenità: a quanto pare il pubblico dell’epoca non era pronto a essere scandalizzato. E bisognerebbe chiedersi se lo siamo noi oggi.
-Quali sono le caratteristiche che maggiormente apprezza in Nora Barnacle e perché?
La naturalezza e la temerarietà con cui intervenne all’improvviso – come un’epifania –nella vita di James, accompagnandolo a compiere il passo decisivo, ovvero, quello di abbandonare il loro paese e le loro famiglie e in questo abbandono sciogliere i vincoli che li irretivano e li paralizzavano in Irlanda. Come sia riuscita a stare a fianco di un uomo che quando non si segregava in casa a scrivere, usciva per sperperare nell’alcool le magrissime risorse finanziarie, non è cosa semplice da spiegare e forse la lettura di queste lettere può esserci d’aiuto.
Intervista di Lisa Di Giovanni
UN ROMANZO INTOSSICANTE: ULISSE James Joyce
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