
IN CORPORE SANO, di Danila Comastri Montanari (Mondadori)

Quando il delitto incontra il diritto… in toga e sandali.
Se Agatha Christie fosse nata sotto l’impero di Tiberio, probabilmente avrebbe creato un investigatore simile a Publio Aurelio Stazio: elegante, colto, con una lingua affilata quanto un gladio e un talento infallibile per smascherare l’assassino. Un Poirot in toga, con l’aria svagata del nobile annoiato e la testa sempre immersa nei meandri dell’animo umano (o delle sue peggiori deviazioni).
In “In corpore sano”, Aurelio si ritrova immerso in una Roma tutt’altro che idealizzata: speculazioni edilizie, corruzione, sfruttamento del prossimo e subaffitti da fare invidia al peggior palazzinaro moderno. Il tutto condito da un sottobosco sociale dove si muovono temi delicati come contraccezione, aborto e tensioni culturali, il tutto gestito con sorprendente naturalezza e intelligenza.
Ma a far vibrare davvero la pagina è la galleria di personaggi: vividi, brillanti, ironici. Ognuno porta con sé una scintilla di umanità – o di meschinità – che li rende irresistibili. I dialoghi, punteggiati di sarcasmo e acume, scorrono leggeri come vino al convivio, anche quando i temi si fanno duri.
E poi c’è lei, l’Augusta Messalina. Regina silenziosa del racconto, presenza che incombe senza agire, che attraversa la storia con la sua aurea imperiale ma resta intoccabile, come se il fango del mondo non potesse mai realmente sfiorarla. Simbolo perfetto di un potere che si mostra ma non si sporca, di un sistema che protegge se stesso lasciando altri a pagare il conto.
La Roma ricostruita da Danila Comastri Montanari è un affresco vivido, preciso, concreto. Dalle erbe officinali ai riti religiosi, dalla comunità ebraica alle sottigliezze del diritto romano, tutto contribuisce a un’ambientazione che è molto più che un semplice sfondo: è materia viva, parlante, necessaria.
Quanto al nostro Publio Aurelio, il suo rapporto con schiavi e liberti mostra un’insolita (e affascinante) umanità: affetto, rispetto, una complicità che valica le barriere sociali senza negarle, ma scegliendo di renderle – almeno tra queste pagine – meno feroci.
“In corpore sano” è molto più di un giallo storico: è una finestra su un mondo lontano che, a guardarlo bene, ci somiglia fin troppo. E a raccontarcelo è una penna elegante e arguta, capace di far sorridere anche quando si parla di omicidio
Recensione di Vincenzo Anelli
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