Premio Bancarella 1953: IL VECCHIO E IL MARE Ernest Hemingway

Premio Bancarella 1953. IL VECCHIO E IL MARE, di Ernest Hemingway

Recensione 1

„Io credo che la grandezza degli uomini si misuri con la grandezza dei loro sogni e con la loro capacità di realizzarli, ma ci sono sogni così grandi che fanno grande un uomo solo per essere riuscito a pensarli e per aver provato a realizzarli. Uno di quei sogni per cui vale la pena di vivere è vivere una vita che vale la pena di essere raccontata.“ Lorenzo Licalzi

 

 

“Il vecchio e il mare” è considerato l’ultimo capolavoro del leggendario scrittore americano.
Un breve racconto scritto nel 1952 che ha per protagonista un vecchio pescatore cubano molto povero il cui unico affetto è dato da un ragazzino che lo accompagna alla pesca.

È un libro che volendo si legge in mezza giornata, se si ha tempo, sia per la brevità sia per lo stile semplice.
Ma basta una sola lettura per comprenderne la grandezza? Io penso di no.

E infatti personalmente l’ho letto e riletto per ben due volte ritornando spesso su alcuni passaggi il cui significato sinceramente non riuscivo proprio a decifrare, smarrita nell’ uniformità di tono.

 

 

La prima lettura mi è servita per entrare in empatia con la superficie gelida del linguaggio asciutto ed essenziale e prendere confidenza con gli attrezzi marinari e con il mare e i suoi abitanti (merlin, folene, pesci volanti, caravelle, pastiname, pescecane ec…).
E seguire la descrizione dettagliata, senza l’uso di fronzoli letterari né l’uso smoderato di aggettivi e di complementi (l’unico passaggio ricco di aggettivi si trova a pag.68 nella descrizione del pesce “lungo, profondo, largo, argenteo e striato di viola e interminabile nell’acqua”) della lotta in alto mare che Santiago, il vecchio pescatore, intraprende a mani nude e solo in compagnia di se stesso, contro la sua preda, uno splendido Merlin lungo 5 metri, e con gli squali diventando a sua volta preda di essi.

Ma a seconda lettura la punta dell’iceberg si scioglie e ha reso visibile l’enorme base sommersa, lasciando al lettore l’interpretazione di ogni gesto e di ogni silenzio intercalati nello sciabordare del mare sul fasciame della barca e nel fruscio della vela investita dai venti incostanti.
E da qui si è aperto un mondo interpretativo, un prisma che ha proiettato la sua luce da ogni angolazione.
Le rughe che segnano il volto del nostro Santiago sono solo segni del tempo che il sole ha ulteriormente inaridito? Oppure sono i solchi di una vita fatta di coraggio, determinazione, azione?

 

E se è così, che senso ha l’azione se già in partenza ne conosce la sconfitta? Perché affaticarsi tanto? Santiago è un vecchio strano, riesce a costruire il suo piano d’azione nell’improvvisazione, “pensa a quello che puoi fare con quello che hai”, e, al di là del risultato, con l’emozione che crea esclusivamente dalla manifestazione della sua inarrestabile volontà, risulta vincitore. Ecco la sua forza!

“Il dolore se diventa monotono non ispira fiducia”

Ha sfidato il destino pur sapendo che già era segnato dalla sconfitta, ma nella misura dello sforzo compiuto al limite della sofferenza nella lotta contro il Marlin, il pesce anche lui predestinato, ha raggiunto la vittoria senza ombra di peccato
“E’ stupido non sperare, pensò. E credo che sia peccato.  Non pensare ai peccati, pensò.  Ci sono abbastanza problemi adesso, senza i peccati. E poi non riesco a capirli.”
Metafora della vita? Della morte?
Rapporto uomo con la natura, entrambi marchiati sul nascere?
Ognuno è libero di dare l’interpretazione che vuole.
Per quanto mi riguarda, io, nelle lacrime del giovane amico, ho intravisto il vecchio leone che, giocando sulla spiaggia come un gatto nella luce pacata del crepuscolo, ha lasciando sulla sabbia le sue orme nell’attesa che l’onda perfetta li trascini nell’infinito.

” non sognava più tempeste, né donne, né grandi avvenimenti, né grossi pesci, né zuffe, né gare di  forza e neanche sua moglie. Ora sognava soltanto luoghi,  e i leoni sulla spiaggia. Giocavano come gatti nel crepuscolo…

Recensione di Patrizia Zara

 

Recensione 2

“É stupido non sperare, pensò. E credo sia peccato. Non pensare ai peccati, pensò. Ci sono abbastanza problemi adesso, senza i peccati.”

Nella Cuba del secolo scorso ci viene presentato Santiago, un vecchio pescatore, che è accompagnato da un giovane apprendista, Manolin.

Da subito il rapporto fra i due intenerisce il lettore che prova sin da subito affetto sincero per entrambi.

Loro non sono come nonno e nipote, come padre e figlio o come amici.

È un rapporto fra uomini che amano e vivono la meraviglia e la durezza del mare.

Un legame speciale, quindi.

Loro conoscono la vera pazienza e la vera fatica.

Dalle prime pagine veniamo a conoscenza che la fatica di Santiago è quella di accettare di essere in un momento di sfortuna con la pesca e quella di Manolin è quella di non poter stare con Santiago perché i suoi genitori non vogliono, stante che da troppo tempo non pesca niente.

Ma la pesca è molto di più.

È sfida, é scommessa con se stessi, è coraggio, è lotta a mani nude, è pelle bruciata dal sole, calli alle mani, sangue e sudore, è meraviglia, fiducia, orgoglio, è vita oltre i propri limiti nella forza potente del mare.

Questo ci insegna Santiago quando sfida se stesso e il mare allontanandosi al largo alla ricerca del suo pescecane…riuscirà nella sua grande impresa?

È un libro breve ma molto intenso che tiene il lettore con il fiato sospeso fino alla fine, lo fa sentire minuscolo al cospetto del Vecchio e gli fa provate una empatia con lo stesso molto forte.

Consigliato assolutamente.

Recensione di Maria Elena Bianco
Premio Bancarella 1953: IL VECCHIO E IL MARE Ernest Hemingway

L’isola dei tesori, dove gli animali sono preziosi

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