IL RAGAZZO DI ALEPPO CHE HA DIPINTO LA GUERRA Sumia Sukkar

IL RAGAZZO DI ALEPPO CHE HA DIPINTO LA GUERRA, di Sumia Sukkar (Il Sirente)

“Qualche volta mi piace fare finta di essere un dinosauro triste, l’unico sopravvissuto, senza nessuno con cui divertirsi. Un dinosauro che mangia gli esseri umani che non vogliono giocare con lui”(p.11). Adam, un ragazzo autistico racconta le vicissitudini della sua famiglia nel bel mezzo della guerra in Siria. La sua solitudine è tale non per la sindrome di Asperger, ma per essere una vittima indifesa e senza capacità di fare del male, costretto a fare i conti con lo scenario crudele di un conflitto mostruoso. L’autrice, una giovanissima scrittrice britannica, è Sumia Sukkar, nata a Londra nel 1992, figlia di padre siriano e madre algerina. Cresciuta in Inghilterra con genitori di nazionalità diverse, multiculturali, aperti alle influenze inglesi pur conservando le tradizioni dei paesi d’origine, Sumia è consapevole della grande opportunità che la vita le ha offerto: “Ho preso molto da tutte e tre le culture, parlo tre lingue e ho imparato che è fondamentale rispettare le diversità nelle persone, valorizzarle.”

 

Ha studiato Scrittura Creativa alla Kingston University di Londra. Scritto a 21 anni, “Il ragazzo di Aleppo che ha dipinto la guerra” è il suo romanzo di esordio; è stato ufficialmente presentato a Londra nel 2013, il giorno dopo la cerimonia di laurea. Il libro è stato accolto con grande plauso dalla critica e ha ricevuto molteplici menzioni su varie testate nazionali. Presto catalizza l’attenzione di mezzo mondo.

 

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Anche in Italia, Sumia è stata invitata a parlare del suo libro in più occasioni, dopo l’egregio lavoro della traduttrice, Barbara Benini, esperta di lingue orientali (ma qui si traduce dall’inglese) per una raffinata casa editrice, Il Sirente. Soltanto l’aspetto è affascinante: copertina cameo (progetto grafico di Franz Benvenuti e illustrazioni di Paola Equizi) raffigurante un ragazzo di spalle con le braccia al cielo, colorato, su uno sfondo di macerie color fango e centinaia di farfalline bianche come se fosse lui ad averle appena liberate. In penultima pagina, l’editore specifica che il libro è stampato su sistina d’avorio, una carta da stampa dalla tonalità avorio elegante e delicata, studiata per le migliori rese cromatiche.

Ma torniamo al nostro “dinosauro” protagonista. Adam racconta se stesso e ciò che gli è esterno attraverso l’unico alfabeto che gli è familiare: i colori; tutto lo tocca in maniera dolorosa e stordente. La voce di Yasmine, che si alterna alla sua nel racconto della fuga, è invece potente, stentorea, quasi dolorosamente concreta. È una donna appassionata, una combattente risoluta, che ha pagato col proprio corpo il prezzo della ribellione, che ha rinunciato a molto per amore di Adam e che guiderà tutta la famiglia nella marcia massacrante attraverso il deserto, si prenderà cura di tutti, di Amira e del bambino fantasma che abita nel suo corpo, di Khaled senza mani, di Ali e Adam e Tareq; prende decisioni dure come lasciar andare via verso la salvezza il padre malato; ingoia il dolore della perdita e sopporta le torture e il carcere.

 

“Mi risveglio al tonfo dell’acqua fredda sul mio corpo nudo […] Ho le braccia legate in alto, al soffitto. Non riesco a raggiungere il pavimento. Sono appesa a un muro, nuda e in lacrime” (p. 107)

La guerra colpisce il genere umano, senza discriminazioni di età e di genere. Come femminista Sumia pensa che i libri oggigiorno non abbiano molti punti di vista femminili ed è anche per questa disparità letteraria che per lei è importante mostrare che, invece, anche le donne soffrono e combattono armi in pugno per difendere le proprie famiglie e ciò in cui credono.

 

Grazie a Yasmin e ai suoi colori, man mano che la guerra si intensifica, che la sua famiglia si disintegra, Adam diventa una persona indipendente, diventa più capace di affrontare le situazioni, esce dal proprio guscio perché non ha altra scelta dato che quel guscio è ormai distrutto. Impara ad adattarsi per non morire.

Un libro complesso, articolato, delicato, poetico e in grado di attraversare le atrocità della guerra perché per sopravvivere bisogna attingere a quel che resta di umano fra le macerie.

I consigli del Caffè Letterario Le Murate Firenze, di Sylvia Zanotto

 

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