IL RACCONTO DI UN MURO Nasser Abu Srour

IL RACCONTO DI UN MURO, di Nasser Abu Srour (Feltrinelli – giugno 2024)

Ci sono muri nella vita di ciascuno di noi, muri che chiudono e opprimono, accolgono e custodiscono; nella vita di Nasser Abu Srour, scrittore palestinese condannato all’ergastolo nel 1993, c’è invece un muro di cui l’uomo diventa portavoce, un muro che gli impone di scrivere, perché oggi “limitarsi a leggere è diventato un atto di codardia”.

Nasce così “Il racconto di un muro”, un libro che non è soltanto la storia di una prigionia storicamente motivata, ma anche e soprattutto metafora delle mille prigionie che l’uomo è capace di infliggere e di infliggersi. Diviso in due blocchi narrativi, nel primo segue la vita dell’autore dalla nascita in un campo profughi presso Betlemme attraverso le prime esperienze dell’adolescenza fino all’arresto e alla peregrinazione da un carcere all’altro. In ciascuno dei luoghi di detenzione cui viene assegnato, Nasser ha il “suo” muro, il centro di gravità cui si appoggia, con cui discute sui ricordi del passato e della famiglia, sul pensiero di Kierkegaard o di Freud, sull’antica poesia araba, sulle ipocrisie della politica che da luoghi lontanissimi si arroga il diritto di decidere il destino di una folla di gente che ha un solo desiderio: vivere lontano dal carcere o, più semplicemente, vivere.

Nella seconda parte, più lirica ma non meno intensa, l’incontro con l’amore, rappresentato da Nanna, avvocata per i diritti civili, con la quale il detenuto intreccia un rapporto che per qualche tempo lo allontana dal muro portandolo, attraverso gli incontri e le lettere che la donna gli invia, fuori dall’ angusto spazio in cui vive.

Inevitabile la conclusione, “scomoda” – come ci augura lo stesso Nasser nella premessa – la lettura.

Recensione di Miranda Valsi

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