IL GUADO Fabio Capezzone

“Il Guado” di Fabio Capezzone

 

 

“A Roma, pure ‘na pietra te guarda storto se nun la rispetti.”

Per evitare che la Bocca della Verità, incastonata nella Basilica di Santa Maria in Cosmedin, possa stringermi la mano in un morso di rimprovero per non aver detto il vero, questa recensione nasce dal cuore, con la sincerità che si deve a un autore romano verace e, soprattutto, a Roma stessa.
“Il Guado” di Fabio Capezzone è molto più di un libro: è un atto d’amore verso la Città Eterna, un invito a camminare — fisicamente e spiritualmente — lungo le sue vene più antiche, quelle che scorrono sotto la superficie del quotidiano. La scrittura è fluida, colta ma mai pedante, e riesce a trasportare il lettore in un viaggio che è al tempo stesso reale e simbolico. Si respira Roma in ogni pagina: non quella da cartolina, ma quella viva, stratificata, che pulsa sotto i sampietrini e tra le pieghe della memoria collettiva.
Il protagonista, il professor Remigio — alter ego trasparente dell’autore — è una guida appassionata e ironica, che accompagna un gruppo di studenti in un itinerario archeologico e umano. Ma ciò che inizia come una semplice gita scolastica si trasforma in un’esperienza sospesa tra storia e mistero, dove il passato riaffiora con forza e l’imprevisto tiene il lettore con il fiato sospeso sino all’ultima pagina.
Capezzone riesce in un’impresa rara: rendere accessibile la complessità storica e culturale di Roma senza mai banalizzarla. Il suo sguardo è quello di chi conosce ogni pietra, ma continua a stupirsi come fosse la prima volta. E questo stupore è contagioso.
E poi c’è quel dettaglio, apparentemente secondario, che invece si rivela il cuore pulsante del mistero: la casula scomparsa.
Un oggetto liturgico, certo, ma anche simbolico, che si dissolve nel nulla durante la visita, lasciando dietro di sé un’eco di interrogativi e suggestioni. È proprio in quel momento che il racconto cambia passo, e il lettore si ritrova a camminare non solo tra le rovine, ma anche tra le pieghe dell’invisibile. Capezzone gioca con il confine tra realtà e leggenda, e lo fa con la grazia di chi conosce il potere delle cose perdute.
Come scrive lo stesso autore: “Roma non si lascia spiegare, si lascia attraversare. E ogni attraversamento è un guado: incerto, necessario, rivelatore.” Una frase che racchiude l’essenza del libro e il senso profondo del viaggio che ci propone.
Se ami Roma, o se vuoi scoprirla con occhi nuovi, “Il Guado” è un passaggio obbligato. E se la Bocca della Verità dovesse leggere queste righe, sono certa che mi lascerebbe andare con un sorriso.
E per concludere, una dedica sentita e intrisa di rispetto e gratitudine all’autore;
A Fabio Capezzone, penna di inesauribile talento e custode poetico dell’anima di Roma, il mio più sincero grazie per averci donato un libro che è al tempo stesso ponte, specchio e sogno; sogno di ciò che Roma era, con la sua grandezza che pareva eterna, e sogno di ciò che resta: frammenti vivi di bellezza, custoditi nella pietra, nell’eco dei nomi antichi, nei silenzi che ancora raccontano. Un sogno mai finito, che continua a camminare insieme a chi sa guardare.
“A Roma, er passato nun dorme: te guarda, te giudica… e se je giri le spalle, te segue pure.”

 

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