IL GATTOPARDO Tomasi Di Lampedusa

IL GATTOPRADO Tomasi Di Lampedusa Recensioni Libri e News

IL GATTOPARDO, di Tomasi Di Lampedusa

Recensione 1

La Sicilia aristocratica di fine ‘800 viene raccontata e un po’ maltrattata, non saprei dire se a giusto (de)merito. I siciliani e i loro governanti descritti come apatici e sempre fedeli a sé stessi, un popolo che non è cambiato mai, nonostante le varie dominazioni subite.

 

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Garibaldi non rappresenta né più né meno di quello che altri invasori hanno rappresentato nella storia di questa terra.
I siciliani lì immobili, inermi e senza nessuna voglia di ribellione.
Da qui la frase di Tancredi ‘Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi’

Il gattopardo è il simbolo della nobiltà Siciliana, incarnato nel suo massimo esponente: il principe Fabrizio Salina. Un uomo imponente, affascinante e a mio avviso depresso.
Andando avanti con la lettura l’abbandonarsi alle cose che gli accadevano mi sorprendeva… un gattopardo senza artigli.

La famiglia e la decadenza a braccetto, solo uno spiraglio effimero di gioia costituito da quel nipote che amava più dei suoi stessi figli.

 

Tancredi e Angelica, una storia come tutte, idillio iniziale e piatta quotidianità successiva.
Il fascino della morte e l’invocazione della stessa.
L’immagine della clessidra, con i suoi granelli a indicare il tempo che passa inesorabile e la certezza di averne perso la quasi totalità, mi resta nella mente.

Recensione di Marinella Santopietro

 

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Recensione 2

Prendendo in mano questo romanzo, la prima cosa che mi è venuta in mente, è stata un’immagine scolpita, nell’immaginario di tutti noi non più giovani: l’immenso e statuario Burt Lancaster che balla con Claudia Cardinale.

L’immagine di quella che forse era la solennità, tratto che maggiormente caratterizzava la nobiltà di un tempo. All’inizio può apparire un po’ ostico per il linguaggio non proprio moderno, ma poi ti trascina lentamente e scorgi quello che a volte manca in alcuni romanzi: come i nobili vedono se stessi, cosa pensano di se e del mondo, soprattutto nelle epoche di transizione come quella descritta nel libro, quella della nascente unità d’Italia, con il lento ma inesorabile declino della nobiltà e l’ascesa impetuosa della borghesia.

 

 

Vi sono belle pennellate e riflessioni, metafore argute, sui vari contrasti di fondo: la nobiltà e la borghesia e quindi tra ciò che è stato grande ma che sommariamente è solo ricordo di un passato glorioso, un lento vegetare, vivendo la lenta ma inesorabile decadenza e ciò che sta emergendo e che sta cercando il suo spazio nella Società e quel contrasto che ancor oggi si perpetua e che nel libro è tra la sicilianità, così statica, diffidente ed indolente, dove tutto cambia per non cambiare mai e la piemontesità, fatta di realtà pratica e operosità, che è in fondo tra un contrasto mai sanato: quello tra nord e sud, di un’incontro mai realizzato, di strade che si sono solo sfiorate per poi allontanarsi inesorabilmente.

Il protagonista indiscusso del libro è Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina, che traversa un epoca in un libro.

 

Un romanzo che con la sua analisi di una società malata di cui la nobiltà è stata corresponsabile, incede inesorabilmente verso il malinconico e infine decadente, verso il disfacimento di un’epoca, ben rappresentata in una delle tante immagini, quella del ballo, con i suoi riti obbligati, il suo sfarzo, il suo ristagnare e infine l’uscita silenziosa. In esso anche sì i successi, ma anche le sconfitte , le disillusioni, le scelte sbagliate, qui e là ben rappresentate anche e con maggior impeto nelle riflessioni finali del principe e nella bella pennellata finale sulla figlia Concetta. Non è un romanzo propriamente storico anche se la storia vi partecipa, ma un romanzo esistenzialista, a volte sovrastato dal leggero della morte e pregno di riflessioni che travalicano il tempo e la storia.

Oggi è considerato un capolavoro ma è interessante notare come all’inizio tanti editori lo abbiano rifiutato e solo per la caparbietà di qualcuno se ne è vista la pubblicazione. Interessante affresco, non lungo, da leggere comunque prima della visione del film.

Recensione di Giuseppe Antonelli

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