FUORI DA UN EVIDENTE DESTINO Giorgio Faletti

FUORI DA UN EVIDENTE DESTINO Giorgio Faletti recensioni Libri e News

FUORI DA UN EVIDENTE DESTINO, di Giorgio Faletti

È il primo libro che leggo di Faletti e, a quanto si dice, non è stato considerato un best seller come “Io Uccido”, il suo  libro di esordio.

Sebbene ciò devo dire che tutto sommato a me è piaciuto, malgrado fossi molto prevenuta nei confronti dell’autore che più che scrittore l’ho sempre identificato come comico della trasmissione “Drive in” e non ho mai approfondito la sua conoscenza anche dopo il successo a Sanremo con la canzone “Minchia sig. Tenente”.

Non bisogna mai e poi mai fermarsi all’apparenza o ancorarsi agli stereotipi.

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Il romanzo “Fuori da un evidente destino” è un libro scritto fin troppo bene. Le storie sono ben articolate e si intrecciano discretamente tra un passato che ripercorre violentemente un presente da ricomporre. La trama è intrigante in un mix di thriller, lovestory, misticismo ancestrale il tutto poggiato su una base psicologica e una continua presenza introspettiva dell’ibrido protagonista, mezzo bianco e mezzo Navajos.

La varietà degli argomenti tra tempi e culture diverse rendono il romanzo forse troppo ingegnoso presentando una struttura letteraria direi al limite dell’ ambizioso.

E da qui devo fare alcune osservazioni che lo declassano molto non raggiungendo le classiche cinque stelle nell’olimpo della mia preferenza.

 

Jim Mackenzie è l’affascinante protagonista di tutta la storia, è l’uomo che ha perso la sua identità, o forse non l’ha mai avuta. Nel suo sangue scorre sangue misto, il colore dell’ iride è diverso per ogni occhio e il suo sguardo nasconde tutta la sofferenza di quel popolo che evoca i fantasmi del passato per comprendere un assurdo presente.

Omicidi innaturali, la fantasiosa maestria della natura, i colori della terra madre oltre l’inimmaginabile, cattiveria e bontà, conti sospesi e ripicche, vendetta e perdono, tutto e ancora di piu in un susseguirsi scandito da un tempo lento e spesso ripetitivo che svuota il percorso di tensione come un palloncino che ha difficoltà a gonfiarsi.

L’ambientazione è americana, i personaggi sono americani sia nativi che coloni in ogni caso gente d’America, la storia è americana, tutto è “made in Usa” almeno cosi vuol sembrare.

 

Ma non è così, a mio avviso. Pur essendo supportati dal viaggio che Faletti ha fatto per documentarsi, la scrittura, il lessico e lo stile presentano la gravità di un passato tutto europeo, italiano nel caso specifico. Manca la pragmaticità e la spavalderia degli scrittori statunitensi, parametri improbabili in una testa europea.

La scrittura all’italiana crea giochi di parole assurdi e dialoghi improbabili, tanto per fare alcuni esempi: Cohen Wells uomo americano, potente, determinato e senza scrupoli che cita
la frase latina “pro domo mea” in una riunione di affari loschi, o paragonare un vaso antico Navajos con le opere di Leonardo da Vinci. Mi sembrano situazioni inattendibili in un thriller americano doc!
Diverse incongruenze e passaggi forzatamente ricchi di similitudini e metafore.
Nonostante ciò sono arrivata alla fine con la piacevole sensazione di avere letto, comunque, una storia scritta da un uomo a cui non avrei mai dato credito.

 

“Prima pensavo che fosse solo un fatto di ignoranza. O meglio, di non conoscenza. Gli uomini, per istinto innato, hanno sempre cercato di eliminare la paura elevando al grado di divinità le cose che andavano oltre le loro possibilità di capire. Con diversi livelli di evoluzione hanno adorato il fulmine, il tuono, la pioggia, il sole, la luna. Quando sono stato in Egitto e in Grecia e mi sono trovato davanti i templi dedicati a Ra o a Giove, ho pensato che erano stati eretti con la stessa fede con cui sono state costruite le nostre cattedrali centinaia di anni dopo”

Recensione di Patrizia Zara

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