FERITE A MORTE. E se le vittime potessero parlare? Serena Dandini

Serena Dandini

 

FERITE A MORTE. E se le vittime potessero parlare?, di Serena Dandini (Rizzoli 2013)

 

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Cari amici, credo che, oggi, nel 2021 non dovremmo parlarne ancora, e invece eccoci qua a piangere ogni giorno nuove vittime!  che in vita non abbiamo saputo salvare! E che forse saranno loro a salvarci dall’aldilà!

Servono altri uomini. La violenza sulle donne è come una pandemia. Solo che per sconfiggerla non serve un farmaco o un vaccino. Serve un cambiamento culturale. Del Dna. Con un Rna, un messaggero che introduce il change. Sconfiggendo per sempre il patriarcato. Tutto. Non solo pezzettini. Ma tutto intero. Sradicarlo. Scioglierlo. Eliminarlo. E poi l’educazione. Eh già, cosa porta l’ignoranza? Vanno educati i bambini sin da piccoli nelle scuole, nelle famiglie, nei giochi di ruolo. Basta con i ruoli secondari femminili. Basta con i ruoli di accudimento e di servizi svolti dalle donne.

Insicurezza, frivolezza, senso d’inferiorità: non devono più essere abbinati al genere femminile. Lo so che sono cose dette e ridette, che le brave famiglie e le brave maestre fanno questo. Il protocollo di Istanbul contro la violenza sulle donne e la violenza domestica firmato a maggio del 2011 dai paesi membri dell’Unione Europea dimostra uno sforzo collettivo e un desiderio comune.

 

 

Oggi, nel 2021, ci rattristiamo di vedere la Turchia revocare la propria firma, con il rischio che seguano a ruota altri paesi come la Polonia. Temono di danneggiare l’immagine tradizionale della famiglia. È una terribile sconfitta e delusione che però non può essere accettata e la lotta deve continuare. Migliaia di istituzioni, fondazioni, associazioni, aziende e migliaia di persone si sono mobilitate in questi giorni di concomitanza con la giornata mondiale dedicata alla lotta contro il femminicidio ma le loro attività non cessano mai, in realtà si prodigano anche durante tutto l’anno. Nonostante questo le violenze non diminuiscono. In Afghanistan, le donne sono sparite dalle scuole, dalle strade, sono maltrattate, violentate e barbaramente assassinate se disobbedienti, ribelli e attive fuori dalle mura domestiche.

A livello globale vi sono minacce e insidie ovunque: dalla tratta di persone a sfruttamento sessuale alle schiave di sesso, alle bambine vendute o rubate, agli infanticidi femminili, ai femminicidi cruenti del Messico e dell’America Latina, alle mutilazioni dei genitali. A livello locale, il triste record italiano del 2021 segnala una vittima ogni tre giorni.

 

 

“Ferite a morte” nasce dal desiderio di raccontare tutte queste vittime di femminicidio. Serena Dandini racconta in questo libero, che è anche un blog e un progetto teatrale, storie vere di donne ammazzate: “ho immaginato un paradiso popolato da queste donne e dalla loro energia vitale”. Un’antologia di monologhi sulla falsariga della famosa “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Master realizzata con il contributo di Maura Misiti, ricercatrice del CNR. I testi sono certamente inventati, ma le donne che parlano sono quelle realmente vittime di femminicidio, così come cronaca e indagini giornalistiche ce le segnalano in continuazione. Sono donne che non ce l’hanno fatta.  Serena Dandini facendole parlare, conferisce loro, anche se da morte, una nuova libertà: quella di condividere la loro versione. Ironia, ingenuità, forza. Donne vere. Vive. Con tanta voglia di vivere.

 

 

“Ferite a morte” vuole dare voce a chi da viva ha parlato poco o è stata poco ascoltata, con la speranza di infondere coraggio a chi può ancora fare in tempo a salvarsi. Le autrici non si sono fermate ai racconti, ma hanno tentato di ricostruire le radici di questa violenza. Con schede e dati alla mano. E noi lettori o spettatori in teatro ci lasciamo stregare dal coro delle donne trucidate: una danza allegra per niente macabra nonostante il fato avverso. Perché il dopo ha l’incanto della luna. Della notte. delle streghe. Dei cimiteri. Della libertà. Del ricordo. «Donne ed elefanti non dimenticano mai.» (p.59) E con ‘la ballata di uno sfortunato mammifero’ di Dorothy Parker o la «notte alta» di Saffo, dove finalmente «io dormo sola» (p.131) che forse nuovi linguaggi possono infondere speranza.  E ricordiamoci, per dirla con Mao Tse-Tung «le donne sorreggono l’altra metà del cielo.» (p.111). Peccato che tutti questi fantasmi al femminile avrebbero voluto  – e potuto – farlo in questo mondo se solo ci fossero ancora.

Recensione di IO LEGGO DI TUTTO, DAPPERTUTTO E SEMPRE. E TU? di Sylvia Zanotto  

FERITE A MORTE. E se le vittime potessero parlare? Serena Dandini

 

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