FAI BEI SOGNI Massimo Gramellini

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FAI BEI SOGNI, di Massimo Gramellini

All’amore che guarisce le ferite

“Fai bei sogni, piccolino.”

“Io non sono piccolino. Fra un po’ sarò più alto di te”

“Si che lo sarai. Più alto e più forte. Me lo prometti?”

Questo libro è stata la conferma di come siano i libri a sceglierci. Siamo noi che andiamo in libreria a comprarli; ma solo loro che scelgono quale sia il loro momento; quale sia il periodo della tua vita in cui tu hai bisogno della loro guida, delle loro pagine e dei loro personaggi che ti ispirino.

 

 

Io non leggo mai la trama di un libro che compro, perché quando lo leggo non voglio sapere di cosa parla; mi faccio ispirare dalla copertina, dai consigli di altri lettori o dalle classifiche che trovo in giro. Rimango davvero sconvolta quando mi ritrovo a leggere un libro che avevo comprato già da qualche mese e che avevo per istinto evitato di leggere; poi arriva il suo momento e ti rendi conto che era tutto ciò di cui avevi bisogno.
Nel momento in cui ho iniziato a leggere “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini, in quella settimana precisa della mia vita, ho capito che anche quella volta un libro mi stava salvando.

 

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Tutto inizia quarant’anni prima, un bimbo che si sveglia di soprassalto nella notte, un ultimo dell’anno che si tinge di mistero e di bugie. La sua mamma che sparisce misteriosamente; un padre che chiede aiuto ad un prete per dire al piccolo Massimo la cosa più triste e innaturale, che sua madre è morta, che adesso è in cielo. Tutto diventa ancora più triste se si pensa che è un libro autobiografico, scritto dal giornalista torinese nel 2012.

Per Massimo la morte della mamma era diventata un tabù, nessuno famiglia voleva parlarne; tanto è vero che alla fine si era convinto che sua madre avesse abbandonato lui e papà di sua volontà, che fosse scappata via perché non li amava più, che fosse andata a cercarsi un altro figlio: “Ma come aveva potuto smettere di amare me? Non essere amati è una sofferenza grande, ma la più grande è non essere amati più”. Cresceva una forte rabbia in lui nei confronti di lei, era diventata qualcuno da dover perdonare. Viveva ormai in un mondo immaginario, che non aveva un contatto con la terra, con la realtà, sempre alla ricerca del cielo; Belfagor, il mostro che si era creato nella mente, invece era molto più realistico di quanto lui volesse sperare. Massimo è un bimbo che non è riuscito a superare questo dramma, che cammina sulle punte dei piedi “Camminavo sulle punte dei piedi e le guardavo di continuo. Avevo le mie ragioni. Il cielo mi faceva paura. E anche la terra. In fondo la mia vita è stata la storia di tentativi che ho fatto di tenere i piedi per terra senza mai smettere di alzare gli occhi al cielo”.

Pensava e ripensava a tutti i momenti passati insieme e iniziava a rendersi conto dei cambiamenti di lei nel tempo, dell’umore spento, della cupezza del suo carattere e a colpevolizzarsi di non averli notati prima; ma di come poi lo avesse rassicurato ogni sera con un dolcissimo ed eterno “Fai bei sogni, piccolino”.

 

 

Il piccolo è alla continua ricerca di figure femminili nella sua vita, di una vicemamma come la chiamava; nonne, zie, le mamme degli altri bimbi, maestre erano candidate al ruolo, ma nessuna si era rivelata all’altezza. “Non ho mai sopportato chi si piange addosso. Io non piangevo nemmeno di notte. Credevo ancora che una mattina mi sarei svegliato e avrei visto la mamma ai piedi del letto con la vestaglia sulle spalle. Non volevo che trovasse il cuscino zuppo di lacrime”.

Gli resta in eredità un rapporto complicato con il padre, l’unica cosa che avevano in comune era la passione calcistica per il Torino. Un rapporto negativo che si porterà dietro per tutta la vita.
Le insicurezze del piccolo Massimo, saranno le stesse di lui da liceale o da universitario; rimpiangerà per una vita di aver accettato di seguire il sogno di suo padre di fare l’avvocato e non il suo del giornalismo. Riuscirà infatti a ritrovare sé stesso solo quando riuscirà a realizzare questo sogno, quello di scrivere per un giornale: “Se un sogno è il tuo sogno, quello che cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro ad una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene. Continuerà a mandarti dei segnali disperati, come la noia e l’assenza di entusiasmo, confidando nella sua ribellione”.

 

 

Si sposa con una donna solo per non restare solo, sperando di trovare quella serenità che sua madre ogni notte gli aveva augurato. La sua salvezza sarà la partenza per Sarajevo nel 1993 durante la guerra per fare il giornalista al fronte; quell’esperienza gli ha fatto capire meglio cosa fosse la vita.

Incontrerà una donna che lo farà sentire di nuovo vivo, con uno scopo: lei gli farà capire come ogni cosa che ci succede nella vita serve a qualcosa, serve a cambiare e a migliorarci. La bellezza quando qualcosa di bello e dolce sta iniziando: le sue labbra sapevano di bei sogni. Quella bellezza ha il nome di Elisa e lascerà per lei la prima moglie.

Dopo quarant’anni, sua zia gli dirà finalmente la verità, tanto attesa quanto temuta, su quella notte; la leggerà su un pezzo di giornale ingiallito. Prima la rabbia, per tutti quelli che gli avevano spudoratamente mentito. “Per nove anni sei stato il suo primo pensiero al risveglio e l’ultimo prima di addormentarsi. Poi la paura le ha mangiato il cuore”. Poi si è reso conto che era pronto ad affrontare tutto, finalmente. Aveva Elisa e questo era tutto quello che gli serviva.

 

 

Voto 9: è un libro che ci insegna di come l’amore, quello vero però, non quello di cui spesso ci accontentiamo, può tutto; in questo caso ha disintegrato Belfagor, è riuscito a far tornare Massimo con i piedi per terra, liberandosi finalmente del peso di sentirsi un orfano per sempre.

Ci insegna che i sogni ci salvano la vita, anche in questo caso quelli veri e soprattutto nostri; che nel momento in cui ti senti più solo, ti arrivano in aiuto. È un libro dedicato a chi nella vita ha perso qualcosa, un amore, un genitore, un sogno. E di come questo non debba tagliarci le ali, di come noi non dobbiamo smarrire la nostra realtà. Il problema è che, quando certe cose succedono, dobbiamo essere fortunati ad avere accanto le persone giuste, che sappiano salvarci dagli abissi della tristezza e dell’ignoto.

Gramellini è un mostro di ironia, riesce ad opporre una battuta ad ogni dramma che la vita gli ha posto davanti, è un esempio per tutti. Chapeau.
VOCE DEL VERBO “RISCATTARE”: Massimo Gramellini.

Recensione di Graziana Ingrosso

 

Titolo presente anche nell’intervista alla Libreria Therese Torino

e nella Classifica delle delusioni letterarie 

FAI BEI SOGNI Massimo Gramellini

 

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