COSE PIÙ GRANDI DI NOI Giorgio Scianna

cose più grandi di noi Scianna

COSE PIÙ GRANDI DI NOI, di Giorgio Scianna

Il 2 agosto, ricorreva la strage alla stazione di Bologna del 1980. La strage che causò 85 morti e più di 200 feriti. Il 4 agosto, ricorreva la strage dell’Italicus del 1974, in provincia di Bologna con 12 morti e circa 50 feriti. Due scempi di matrice neofascista con inchieste sulla P2 e Licio Gelli che però non hanno mai chiarito chi fossero i veri colpevoli.

 

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Io me li ricordo quegli anni. Sono stati gli anni della mia adolescenza. E Marghe, la protagonista del romanzo di Scianna, mi assomiglia molto. Il contesto politico e sociale era particolare: c’era in atto un largo movimento che chiedeva cambiamenti strutturali della società italiana, inizialmente gli studenti nel 1968 e poi gli operai nell’autunno del 1969 con manifestazioni, scioperi e occupazioni. Gli italiani sentivano l’esigenza di radicali riforme politiche, culturali e sociali, e molti si sentirono di partecipare più attivamente alle scelte politiche.

 

 

“Cose più grandi di noi” potrebbe alludere a quello che, i ragazzi degli anni Settanta / Ottanta – noi che volevano un futuro diverso -, abbiamo tentato di fare per cambiare una società che ci sembrava ingiusta. Quante ragazze, come me, come Marghe si sentivano a disagio nelle proprie famiglie ma senza odiarle, come invece richiedeva il codice degli estremisti dissidenti; ne contestavano semplicemente l’ipocrisia e il servilismo cieco nei confronti di chi stava al potere.

“Marghe non odiava i suoi genitori, lei non odiava nessuno, anche se nessuno intorno a lei sembrava capirla quella cosa. Voleva solo comprendere come si potesse vivere in uno Stato dove lo Stato stesso metteva le bombe, come aveva fatto a Piazza Fontana, e che faceva le cariche contro gli operai delle fabbriche” (p. 62)

 

Ambientato a Milano, negli anni di piombo, l’ultimo romanzo di Giorgio Scianna affronta la difficile realtà di una giovane diciottenne, terrorista pentita, uscita dal carcere e agli arresti domiciliari. È un’azione estremamente difficile – mission impossible – come si fa a scavare in quegli anni e a capire come e perché? Eppure è importante ricordarsi di quegli anni perché sono un pezzo importante della nostra storia. Si pensava di poter essere protagonisti e invece eravamo soltanto burattini nelle mani di giochi molto ben orchestrati dall’alto. Quell’alto che veniva contestato.

 

 

Quel gioco che era ‘più grande di noi’. E come dice l’autore è il racconto che diventa difficile. Sono le parole per dirlo che non ci sono. Ci manca il linguaggio. sono spariti dei tasselli. Perché su un murale a Woodstock, ci ricorda Scianna, c’è scritto “Siamo qui per le azioni impossibili, per piantare una quercia nel mare”. Nel romanzo di Scianna, Marghe, in cerca della sua quercia da piantare nel mare, è anche lei una vittima di un qualcosa più grande di lei. L’hanno costretta a ‘pentirsi’, a raccontare ai giudici quel poco che sapeva.

 

 

Così ha ottenuto gli arresti domiciliari che sta scontando in un mini appartamento con suo padre, davanti alla casa dove invece continuano a vivere la madre, la sorella maggiore e Martino, il fratello minore. Affacciandosi alla finestra, Marghe può vederli e con Martino in un modo inaspettato e pericoloso, rimane in contatto. “Dessié chiama Tesio”, è il walkie-talkie che Martino e Marghe usano per parlarsi da una via all’altra, separati in due case diverse.

L’etichetta di “infame”, non sarà risparmiata nemmeno a lei, arrestata davanti all’università con l’accusa di favoreggiamento ad attività terroristiche. La sua attività terroristica non va oltre alla partecipazione a una decina di riunioni clandestine nei garage, la stampa di qualche volantino col ciclostile, perché in realtà era sempre stata tenuta all’oscuro delle decisioni dei vertici e non aveva commesso nessuna azione violenta. Fiancheggiatrice, di scarsa importanza nella strategia della lotta armata, i suoi compagni ora però la ritengono una traditrice. E Marghe ne soffre, è combattuta. Vive un conflitto molto complesso e profondo che l’autore è riuscito a delineare con arte, rendendo il personaggio di Marghe realistico e indimenticabile.

 

 

Forte anche la figura paterna, che non vuole perdere sua figlia e cerca di aiutarla come può, spesso mostrandosi fragile e vulnerabile, a differenza della madre che mantiene un approccio razionale in apparenza indifferente; in realtà anche lei è marcata da questa storia, la storia che è entrata nella loro casa e anche lei ama la figlia terrorista e le starà accanto, a modo suo, oltre i muri delle due diverse abitazioni.

La musica è una chiave di lettura importante. La musica classica in carcere, i violini di Bach contro il panico, Jimmy Hendrix e Bob Dylan con la lotta armata. La musica aiuta, perché, come dice Natalia Ginzburg, in “Caro Michele”: “L’importante è camminare e allontanarsi dalle cose che fanno piangere” (cit. nel frontespizio) “Cose più grandi di noi” affronta il tema delle scelte difficili di quegli anni.

 

 

Capire quale fosse la mossa giusta era un’impresa difficile. Per le vittime, per chi ha partecipato alla lotta armata e per i familiari di entrambe le parti. Rimarcare cos’è un crimine diventa forse la mission impossible. Che ancora oggi tanti crimini rimangono impuniti e si perpetuano nelle pieghe di una società non guarita completamente. Un romanzo d’impatto che, con delicatezza e coraggio, affronta il difficile passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta, in un momento storico complesso, mostrando come la violenza non sia la risposta alle ingiustizie, nemmeno negli anni giovanili della contestazione.

I consigli del Caffè Letterario Le Murate Firenze, di Sylvia Zanotto

 

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