CHIEDI ALLA LUCE Tullio Avoledo

Chiedi alla luce Avoledo

CHIEDI ALLA LUCE, di Tullio Avoledo

Un… vaso di Pandora

Temo che questa nota contenga dello spoiler. Chiedo scusa, ma non posso farne a meno e in ogni caso credo che apprendere anticipatamente quanto sto per scrivere non solo non toglierà gusto alla lettura, ma anzi potrebbe forse fornire una chiave interpretativa diversa per godersela al meglio (forse, dato che conoscenti mi dicono di aver avuto difficoltà nel proseguire la lettura a causa dell’originale struttura del romanzo).

Chiedi alla luce
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“Chiedi alla luce” di Tullio Avoledo (2016, Marsilio) conta quasi cinquecento pagine di salti temporali, luoghi esotici (come possono “non” esserlo Istanbul, Bucarest, Romania), costruzioni singolari, incontri dolorosi, taxisti grezzi, musicisti pentiti, amici crudeli, donne zoccole, zingari obesi, soldati feroci, bambini adulti, e Angeli, sì, che la storia non ne contiene mica solo uno. A prima vista potrebbero sembrare gli ingredienti di un urban-fantasy. In verità la lettura tende piuttosto verso il viaggio biblico dell’annunciazione della fine del mondo, ricostruendo la minaccia di una ipotetica imminente Apocalisse.

Ammetto che fino all’ultimo – pur comprendendo quanto questo romanzo sia ben scritto – non riuscivo a trovargli una cornice sufficientemente valida. Mi sembrava “solo” un patchwork di eventi ed esperienze, per tenere insieme le quali, l’autore aveva furbescamente inventato quell’io narrante un po’ mistico, ma per niente idealista, piuttosto molto umano. Ammetto persino d’essere rimasta un po’ infastidita non tanto per l’ammasso di carne uccisa, invecchiata, ammalata e sfruttata, ma per le scopate (son così definite anche nel romanzo) gratuite soprattutto a causa del punto di vista fortemente maschilista dell’approccio (per intenderci, le scene sono descritte molto bene, ma le donne paion tutte vogliose e promiscue secondo i desideri più proibiti d’ogni maschio degno di questo spregiativo epiteto).

Da qui lo spoiler…

Poi, poco a poco, migliora laddove diventa palese il fatto che tutto ciò che viene descritto è il risultato non onirico ma delirante di un cancro al cervello. Eppure ancora non mi bastava. Mi pareva ancora solo una scusa che non giustificasse davvero l’insieme. Non del tutto. Poi però l’accenno casuale di un oggetto della mitologia greca, gettato lì, tra tante altre parole, mi ha aperto un portone, oltre il quale l’orizzonte è tornato al suo posto.

Parlo del Vaso di Pandora, dello scrigno che non doveva essere aperto. Ora, io non so se l’autore abbia davvero pensato di voler ricreare il momento in cui fu levato il coperchio da Pandora, ma a me così è parso. “Chiedi alla luce“ a me sembra racchiudere in cinquecento pagine, pochi minuti di un tempo inesistente trascorso in un ogni dove invaso e colpito dal vizio, dalla malattia, dalla pazzia, dalla vecchiaia, forse anche dalla gelosia quella che viene a crearsi quasi sempre quando c’è rivalità, o desiderio di emergere. Non per nulla il protagonista è un architetto afflitto a modo suo dall’aspirazione di creare qualcosa di insuperabile (taglio a fette, eh).

Si chiama Gabriel, il protagonista, l’angelo Gabriele, in questo caso un po’ salvatore indaffarato a porre rimedi al disastro, ma anche un po’ peccatore. E a dirla tutta, per me, questo ruolo sarebbe benissimo potuto toccare allo stesso Zeus, “colpevole“ del dono fatto a Pandora, ma (dovesse averci pensato) posso benissimo immaginare l’imbarazzo dell’autore davanti a questa possibilità.

Arriviamo al dunque: non si parla del vaso di Pandora senza parlare della speranza, e quindi? Be’, temo che il libro non ne conceda molta (non per questo mondo). Il passaggio che allude alla leggenda dice: “Tre note che completano il sigillo, il coperchio sul vaso di Pandora”: la speranza resta incastrata, il bambino non nascerà mai. È morto.

Ecco, vorrei rileggere questo libro pensando pagina dopo pagina a questo, al risultato della curiosità di Pandora, che peraltro non saprei a chi farla interpretare tra i personaggi del romanzo. Ma questo è solo un dettaglio.

Fatemi un piacere: se vi capiterà di leggerlo, ditemi che cosa ne pensate.

Recensione di Manuela Mazzi

CHIEDI ALLA LUCE Tullio Avoledo

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