CHE HAI FATTO IN TUTTI QUESTI ANNI. Sergio Leone e l’avventura di «C’era una volta in America» Piero Negri Scaglione

CHE HAI FATTO IN TUTTI QUESTI ANNI. Sergio Leone e l’avventura di «C’era una volta in America», di Piero Negri Scaglione (Einaudi – settembre 2021)

 

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CHE HAI FATTO IN TUTTI QUESTI ANNI, di Piero Negri Scaglione

Ho letto, con infinito piacere, “Che hai fatto in tutti questi anni”, il documentato e appassionato libro che Piero Negri Scaglione ha scritto sulla genesi di “C’era una volta in America”, il capolavoro di Sergio Leone. Avevo anticipato l’acquisto del libro, della cui esistenza ho saputo dalla benvenuta recensione di Valentina Leoni, in un piccolo post in cui rimandavo la lettura a dopo una visione del film (una delle rare volte in cui prima il film del libro), nella versione lunga, ossia come lo aveva immaginato Leone. Come promesso (minacciato?), eccovi le mie considerazioni.

Credo sia un libro necessario, come si suol dire, pieno zeppo di notizie, retroscena, testimonianze, aneddoti…un’autentica miniera d’oro. L’autore, che non conoscevo e di cui apprendo dalle note che ha scritto anche una biografia di Beppe Fenoglio, che indubitabilmente compreró e leggeró (non è detto che si verifichino sempre entrambi gli accadimenti), ci ha dedicato anni di lavoro e una passione sconfinata per Leone e il film che è stato il suo testamento. Questo impegno si avverte e il libro scorre come un romanzo, il romanzo di un film che ha rischiato, per colpa dei “consumatori” di cinema da pop corn che hanno preteso tagli sanguinosi nella distribuzione americana, di essere un flop e che invece è diventato un film di culto nel mondo intero e poi anche negli States che, vivaddio, l’hanno infine compreso e amato.

 

 

Qualche chicca in ordine sparso, per come mi sovviene:

Harry Grey, l’autore di “The Hoods” (“Mano armata”, nell’edizione italiana), libro da cui è stato tratto il soggetto (ampiamente poi modificato e ampliato da Leone) era stato un vero gangster (a qualcuno viene in mente Edward Bunker per caso?);

Leone avrebbe voluto fare un film da “Viaggio al termine della notte” di Celine;

per lo script era stato contattato Leonardo Sciascia che all’incontro con Leone s’è portato (come testimone?) Vincenzo Consolo, lo scrittore siciliano che lui aveva aiutato a esordire (come aveva fatto peraltro con Bufalino. Ma quanti meriti ha avuto Sciascia?). Al termine dell’incontro Sciascia declina l’invito (occasione persa per lui e il cinema? Chissà). Adelphi ha dato alle stampe gli appunti dello scrittore riguardo a questo grande matrimonio mai consumato (“Questo non è un racconto” il titolo del libro); anche Norman Mailer s’è cimentato nella sceneggiatura del film, a quanto pare con risultati scadenti e strascichi legali; mentre Leone era a New York, a sovrintendere alla scrittura della sceneggiatura americana, Katherine Hepburn era sua vicina di casa e gli ha preparato una torta; al termine del film De Niro regaló una targhetta commemorativa in metallo a tutti i componenti della troupe; la scena finale, del camion della spazzatura (arrivato per nave da oltreoceano) si giró a Castelporziano; le prove di trucco di De Niro, con Manlio Rocchetti (poi Oscar per “A spasso con Daisy”), si svolsero al teatro della Cometa a Roma; il trucco per Noodles vecchio durava cinque ore (dalle tre alle otto di mattino) e De Niro non è mai arrivato in ritardo nè si è mai lamentato di nulla…

 

 

…e tanta, tantissima altra roba. Soprattutto la storia della lunga gestazione del film, la difficoltà a trovare i finanziamenti, la scelta del cast e dei collaboratori, le storie degli attori che parteciparono a quella straordinaria avventura, la leggendaria meticolosità di Leone, gli impasse durante la lavorazione, i dubbi sulla lunghezza del film, la sciatteria e la miopia iniziale dei finanziatori americani che distribuirono il film tagliato in maniera indecorosa, la straordinaria accoglienza del pubblico (pagante) di Cannes con quindici minuti di applausi, l’energia e il talento che ci ha messo tutta la troupe e soprattutto Leone (e che forse ha finito per prosciugarlo).

 

 

Insomma per chi ama il cinema e Sergio Leone questo è un libro imperdibile, da leggere e poi conservare gelosamente, per sfogliarlo e consultarlo a ogni visione di “C’era una volta in America”, il capolavoro che ha come tema la ricerca del tempo perduto di un gangster e la rivisitazione del cinema americano di un romano visionario e geniale che, girando sette film soltanto, è entrato nel Pantheon della settima arte e ha ispirato tanti grandi registi, tra cui due che io amo particolarmente come Quentin Tarantino (la quintessenza della “leonitudine”) e Peppuccio Tornatore (Ah…il duello al pianoforte de La leggenda del pianista sull’oceano: puro Leone). Trait d’union, noblesse oblige, Ennio Morricone, che l’Oscar lo meritava soprattutto per C’era una volta in America.

Recensione di Arturo Bandini Molise

CHE HAI FATTO IN TUTTI QUESTI ANNI. Sergio Leone e l’avventura di «C’era una volta in America» Piero Negri Scaglione

 

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