BUNKER DIARY Kevin Brooks

Bunker Diary K. Brooks

Ci riprovo, perché questo è davvero un libro forte che andrebbe conosciuto

BUNKER DIARY, di Kevin Brooks

“[] di sicuro non avevo voglia di spiegare a un pendolare grasso che era stato imprigionato in un bunker sotterraneo da uno sconosciuto dalle intenzioni sconosciute, che non c’era via di uscita, non c’era niente da fare, non c’era riservatezza, non c’era vita, non c’era speranza, non c’era NIENTE.”

Un bunker con 6 stanze. 6 piatti, 6 bicchieri, 6 set di posate, 1 tavolo, 6 sedie. Un bunker in cui entreranno 6 persone: un sedicenne un po’ sbandato, una bambina di 9 anni, una donna benestante di 25-30 anni, un omone tossico, un consulente di direzione di mezza età, un anziano letterato/scienziato.

 

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Perché? Perché qualcuno ce li ha portati.

Chi? Non si sa.

Perché? Non si sa.

Cosa fanno li? Cercano di sopravvivere.

Disarmante. Se per caso vi venisse in mente di iniziarlo, fatelo con cognizione di causa, perché questo libro è un abisso di atrocità. Ma non fate come gli struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia: ci vuole coraggio.

Un bunker sotterraneo, senza porte o finestre, e 6 persone recluse. Nessuna via di uscita. Il diario che tiene il sedicenne Linus è l’unica testimonianza di quello che succede/è successo. Il mondo fuori conserva un’eco debolissima: è come se fosse stato soffocato esso stesso dalle pareti di cemento del bunker.

 

 

I protagonisti sono osservati a tutte le ore, in qualsiasi posto vadano, qualsiasi cosa facciano. Per ottenere qualcosa, devono chiedere e ringraziare in anticipo. Non sempre ottengono quello che chiedono, e non c’è nulla da fare: bisogna accontentarsi. Il tempo ha le sue regole: anzi, è senza regole, perchè il sadico che li tiene prigionieri lo rallenta o lo velocizza a piacimento. E così viene a mancare anche l’ultimo riferimento che hanno le persone: non si sa più che giorno è, che ora è. Persi sotto terra, persi nello spazio e nel tempo. Persi agli altri e a se stessi.

Questo è un romanzo per ragazzi. Sì, è classificato come “young adult”: ma se, come me, avete a noia le etichette, leggetelo. E’ un libro forte.

Ci sono tante cose in questo libro che stordiscono. Il fatto che un uomo può decidere della sorte di un altro, e non servono motivazioni.

Il fatto che non importa chi siamo, può succedere a tutti.

Il fatto che non sono le nostre conoscenze a salvarci, ma la nostra capacità di mantenerci integri nei valori.

Il fatto che non sempre c’è fuori qualcuno ad aiutarci.

Il fatto che non ci si può mangiare: la comunità resta è l’unico bene che resta.

Il fatto che gli uomini sono comunque animali, e in quanto tali hanno istinti bestiali, e ballano tra il Bene e il Male intrinseci.

Il fatto che il Bene e il Male sono, in realtà, categorie etiche create dagli uomini stessi.

Il fatto che tutti gli uomini sono un labirinto di sfumature di grigio, e spesso di questo non c’è consapevolezza.

 

 

Con Bunker diary ci troviamo di fronte ad un esperimento umano: leggendo, osserviamo quello che fanno i sei reclusi. E quando arriviamo a renderci conto che quello che teniamo in mano, quello che stiamo leggendo, è il taccuino tenuto da Linus, può venirci un dubbio. Un dubbio atroce. Come è venuto in nostro possesso quel taccuino? Chi siamo noi, che leggiamo?

Questo libro è un incubo fatto di carta

 

Recensione di Benedetta Iussig

 

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