ATTENTATO Amélie Nothomb (Voland)
Recensione 1
E’ ancora il tema della bellezza, tanto caro alla scrittrice belga Amélie Nothomb, che intride “Attentato”(Voland 1999), ispirandosi a certi modelli ricorrenti della Letteratura classica. Il protagonista, Epiphane, è un uomo bruttissimo: il suo viso ricorda un orecchio, la sua pelle è flaccida e cadente, le sue spalle punteggiate dall’esplosione di un’acne suppurata.
Da tutti soprannominato Quasimodo, il nome del famoso Gobbo di Notre Dame, Epiphane ha la piena consapevolezza delle sue condizioni e ogni suo talento, in termini di intelligenza, grande cultura, sensibilità e intuizione, è completamente offuscato dalla sua ripugnante fisicità. Epiphane si innamorerà irrimediabilmente di Ethel, una bellissima modella e attrice che con lui si è sempre dimostrata gentile, diventando il suo miglior amico, quasi un fratello a cui confidare tutto, soprattutto l’amore che lei nutre per Xavier, un pittore che la considera solo come un corpo bellissimo al quale abbeverarsi.
Epiphane riesce a fare della sua bruttezza quasi una filosofia di vita trasformandola persino in un lavoro remunerativo che per ironia della sorte o forse per scelta, lo metterà sempre al fianco della bellezza la quale, accanto a lui, riuscirà ad essere ancora di più esaltata e sfolgorante.
Ma il suo cuore non cesserà di sanguinare e di reclamare amore fino a trovare il coraggio, mentre è lontano per un viaggio di lavoro, di scrivere alla sua amata quelle bellissime parole così a lungo e strettamente conservate nella profondità della sua anima. Sarà solo l’inizio di una tragedia in cui la bellezza e la bruttezza si fonderanno insieme per sempre.
Un po’ Quasimodo, un po’ Cyrano, un po’ Minotauro, lo stesso Epiphane non per questo si sente un puro e porta la colpa, lui per primo, di essere stato abbagliato, così come il famoso gobbo di Hugo, dalla bellezza esteriore di Ethel/Esmeralda quando lui stesso avrebbe potuto dimostrare che la bellezza interiore non è meno abbagliante, amando magari una donna brutta o vecchia ma dall’animo nobile.
Un libro breve ma intenso, crudele ma onesto, ricco di spietato umorismo che con una scrittura agile e incisiva critica una società che è attenta solo alle apparenze e alla bellezza estetica di persone e cose, lasciando tutto il resto nel buio di una solitudine che troppo spesso non sfocia in nessun riscatto.
Recensione di Maristella Copula
Recensione 2
Tutti conoscono la storia di Quasimodo ed Esmeralda.
Chi non ha provato pieta’ per il ” gobbo” e pensato che fosse almeno d’animo nobile?
Chi di noi , di primo acchito , non pensa che una persona brutta , debba essere per forza almeno buona?
Amelie ci insinua il dubbio che non sia così. Forse il mostro si mostrerà buono per avere un po’ di attenzione. Ma il suo sentire sara’ pieno di rabbia, frustrazione e umiliazione che e’ necessario sentire.
Non e’ il caso del protagonista di questa storia. Lui e’ consapevole di questo.
Ephifane e’ orribile. Di una bruttezza senza speranza. Accetta la sua condizione e decide di vivere nella sublimazione della bellezza sapendo di non poterla mai vivere se non come spettatore. Sa di essere utile ad essa. Solo attraverso i suoi occhi da “mostro”la bellezza può compiere la sua funzione.
Si innamora di una donna, Ethel, bellissima, che vede in lui l’amico su cui sempre contare. A cui chiedere consigli. E la vede , struggendosi di gelosia e incomprensione, innamorarsi di un uomo stupido e bellissimo.
Ephifane non lo e’. Né bello né stupido. Vede le cose con una certa chiarezza. Ed espone i suoi pensieri con sarcasmo. E’ gentilmente implacabile nei suoi giudizi.
La bellezza , attraverso Ethel, e l’amore puro gli permette di esprimere la sua intelligenza.
Non esistono amori impossibili.
E se conoscete la Nothomb, sapete che la storia non avrà un lieto fine. Non una fine come tutti la vorrebbero.
E mentre nelle ultime pagine speri in un finale da fiaba, ecco che la Nothomb ti rivela il condizionamento umano che ambisce alla perfezione. E crea una sofferenza inutile.
Non siamo mai ciò che vorremmo essere.
Ephifane lo sapeva.
Recensione di Egle Spanò
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