Abbiamo intervistato la scrittrice Simona Lo Iacono che ci ha presentato il suo ultimo romanzo “Virdimura” e con l’occasione ha ripercorso alcuni temi ricorrenti nelle sue opere.
Intervista n. 214
Per prima cosa le chiederei di presentarci “Virdimura”, il suo nuovo romanzo?
Virdimura è una donna vissuta nel 1300, la conosciamo attraverso un documento datato 7 novembre 1376 e conservato presso l’archivio storico di Palermo. In esso è contenuto il testo della “licentia curandi”, ossia della abilitazione ufficiale ad esercitare l’arte medica che le venne tributata dopo un rigoroso esame, condotto da una commissione di medici e dal Dienchelele, la massima autorità burocratica e sanitaria della Sicilia . E’ un riconoscimento rivoluzionario, perché prima di allora veniva concesso solo agli uomini. La concessione fu giustificata dalla eccezionale levatura di questa medichessa, dalla sua compassione, dalla sua abnegazione verso i malati. E’ quindi una protagonista ricca di sensibilità, di senso del dovere e del sacrificio.
La protagonista è stata la prima donna nella storia autorizzata ad esercitare la professione medica nel XIV secolo, quali sono gli elementi che più l’hanno colpita della sua storia?
Mi ha colpito il fatto che Virdimura subordinò la concessione della licenza a due condizioni: poter curare gratuitamente e potersi occupare dei disabili psichici e fisici, una categoria a quei tempi completamente emarginata e che per lei, invece, costituivano il campo privilegiato della sua tenerezza e della sua attenzione.
Possiamo vedere in lei un incoraggiamento a seguire le proprie aspirazioni e a non vedere ostacoli insormontabili?
Sicuramente Virdimura ha dovuto attraversare impedimenti, difficoltà, persecuzioni prima di riuscire ad approdare alla conquista del titolo abilitativo, ma sono state proprio le asperità a fortificarla, a renderla così aperta al richiamo della sofferenza. Dunque la vocazione viene forgiata dagli ostacoli, se è autentica. Anzi, gli ostacoli sono indispensabili alla vocazione.
Virdimura deve difendersi dalle superstizioni e dalle accuse di stregoneria. Ancora oggi la donna deve far valere la propria identità contro altri stereotipi che niente hanno di razionale, davvero è così difficile fare quel passo avanti per risolvere questa situazione? Quale contributo possono dare la divulgazione e la narrativa?
Il viaggio della donna nel tempo è certamente stato duro, e lo è ancora sotto moltissimi aspetti. Ma è possibile approdare al riconoscimento dei diritti attraverso un percorso. Un percorso però che – prima ancora di essere normativo e sociale – passa attraverso la dimensione spirituale. Solo così, solo valorizzando la crescita del proprio “centro”, è possibile approdare alla dimensione del rispetto per l’altro, alla tutela, alla condivisione. La letteratura, così come l’arte in generale, mira proprio ad intessere un dialogo profondo, umano, che attraversa le nostre gole interiori, i nostri anfratti nascosti, le nostre reticenze, i nostri sguardi. E’ quindi uno dei mezzi più adatti per realizzare una maturazione umana, una evoluzione consapevole.
.
.
Parlare di un personaggio storico presuppone un lavoro di ricerca che immagino sia piuttosto articolato. Quanto è stato difficile ricostruire la vita di Virdimura?
Le sue opere hanno per protagoniste figure femminili storiche di grande spessore e molto spesso non del tutto conosciute. Con quale criterio sceglie le storie da raccontare?
In letteratura non scelgo mai nulla. Sono le storie a trovare me, mi vengono “consegnate” da messaggeri spesso casuali. Io le raccolgo, le aiuto a venire allo scoperto. Più che altro sono una depositaria, una custode.
Protagonista nelle sue opere è anche la Sicilia. Virdimura, Anna Maria Ciccone, Anna Cannavò (per citarne tre) figure che, ognuna a suo modo, sfidano le convenzioni e superano i pregiudizi, vengono da questa terra meravigliosa. Che cosa secondo lei non si è ancora capito della Sicilia?
E’ difficile capire che la Sicilia non è solo una terra, ma una condizione dello spirito. Perché contiene in sé la luce, ma anche il lutto. La bellezza, ma anche il degrado. La giustizia e l’ingiustizia, il sorriso e il pianto. E’ una straordinaria interprete della condizione umana, alla quale nulla è estraneo. Per questo è una regione così gravida di poesia e di poeti.
Un altro tema che ritroviamo nelle sue opere e che trovo di grande attualità è la lotta all’oscurantismo, un problema che credo sia piuttosto vivo, anch’esse in modi e forme diverse, anche ai giorni nostri, condivide?
Viviamo in un tempo in cui la comunicazione, l’interazione e il confronto scontro passano per i Social, qual è il suo rapporto con questa realtà?
Un’ultima domanda, riallacciandomi a quanto detto prima riguardo alle protagoniste delle sue storie. C’è una figura femminile di cui ancora non ha scritto e che le piacerebbe approfondire?
Certo, ci sono ancora tantissime donne da raccontare.
Intervista di Enrico Spinelli
Commenta per primo