Abbiamo intervistato Anna Melissari, l’investigatrice che parla con gli animali e le piante

Abbiamo intervistato Anna Melissari, l’investigatrice che parla con gli animali e le piante

 

Intervista n. 259

 

Prima di tutto grazie per aver accettato questa intervista. attraverso la penna di Sarah Savioli abbiamo conosciuto le sue avventure e volevo chiederle innanzitutto qual è stata la sua prima reazione quando ha scoperto di poter interagire con piante e animali?

Grazie a voi, è un piacere essere in vostra compagnia. E poi parlare di queste mie stranezze è sempre un po’ complicato.
Allora, il primo strano contatto che ricevetti fu quello del mio ficus che aveva sete. Poveretto, mi ero scordata di annaffiarlo e aveva le sue buone ragioni. In quel periodo ero talmente stanca, talmente avvilita dalla vita che facevo e oppressa dalle cose da fare che a essere sincera la prima cosa che pensai fu che sarebbe stato comodo se le piante mi avessero fatto la cortesia di avvisarmi quanto stavano per restarci secche perché avrei avuto una questione in meno alla quale pensare. Poi mi resi conto che non era cosa proprio normale non preoccuparmi. Però vede, il fatto è che alle volte nella vita corriamo così tanto e veniamo schiacciati con tanta poca grazia dalle incombenze che anche le questioni più strambe le accogliamo senza tanta lucidità. Alla fine però se ci si pensa bene, è più strano parlare con un ficus o lasciarci macinare l’esistenza da mille questioni spesso inutili senza nemmeno capire perché siamo finiti in un tritatutto? Così ho accolto questa mia nuova situazione come un dono, anche come un’opportunità di riflessione. E poi mi sono anche detta che qualcosa di strano può non essere per forza qualcosa di sbagliato. Ero strana? Senza dubbio. Sbagliata? Tutto da vedere.

 

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La sua famiglia l’ha supportata sin da subito? E quali conseguenza ha portato nella sua vita?

Mio marito è un fisico della materia e un informatico pragmatico e meccanicista. Si immagina la faccia che ha fatto quando gli ho detto che parlavo con piante e animali? Ha accettato la cosa perché ha capito che non mentivo e, quando ho temuto che la realtà dei fatti gli facesse saltare in aria la calotta cranica, il suo affetto nei miei confronti gli ha fatto accettare  ciò che per lui era inaccettabile. E poi ha capito che io ero sempre Anna, la donna che aveva sposato. Ero solo… solo un po’ fuori dai bordi che lui credeva che il mondo avesse.
Quando tutto è iniziato mio figlio Luca era piccolo. Parlava con le costruzioni, con i pelouche e con i sassi, quindi non c’era nulla di strano nel fatto che sua madre parlasse con i cani, i piccioni e le pratoline. Da piccoli la nostra dimensione magica si integra perfettamente con la realtà e crescendo Luca ha semplicemente capito che io, la sua mamma, ero fatta così e spero che gli resti sempre un pizzico di apertura mentale nei confronti di quel che non si può spiegare. Un’apertura che non attiene alla sfera della creduloneria, sia chiaro. Solo qualcosa che ci ricorda che siamo piccoli, limitati, che tanto è quello che non sappiamo e  che tutto questo è meraviglioso e alla fine,a pensarci bene, anche un po’ eroico.

Questo “dono” l’ha portata a intraprendere la carriera di investigatrice, come è avvenuto il passaggio? Era una passione che aveva già da prima o l’ha scoperta in corso d’opera?

Non avevo la più pallida idea che sarei finita a fare un mestiere del genere. Guardi, glielo dico già, è tutta colpa di Cantoni, il mio capo. Ci siamo incontrati per un caso che adesso non le posso spiegare, ma sappia che quella testa dura è venuto a sapere delle mie doti e figuriamoci se non ne ha visto le potenzialità nel lavoro di investigazione. Comunque questo lavoro mi piace molto. Però non lo dica a Cantoni perché sennò come faccio a fargli pesare le cose che mi chiede?

Ci racconti qualcosa del suo metodo investigativo? Su cosa punta e quali sono i suoi punti di riferimento?

Metodo investigativo… dunque… parlare di metodo mi pare un tantino eccessivo. Diciamo che vado in giro e mentre Cantoni e Tonino, i miei colleghi, interrogano vicini di casa e persone coinvolte nei fatti, io chiacchiero con i platani, con le coccorite, con cani, gatti, gerani e tutti i viventi che le possano venire in mente. E loro mi raccontano le loro versioni dei fatti, ma non creda che sia facile. Hanno un modo di vedere il mondo tutto diverso dal nostro e non sono sempre affabili e gentili. L’altro giorno ho scambiato due parole con un giglio e si fidi, era di una supponenza irritante.

Aprirsi con la famiglia già di per sé non è facile per quanto necessario ma quanto coraggio ci vuole per far accettare a degli estranei la sua capacità speciale?

Le persone non sanno accettarci con le nostre capacità “normali”, figuriamoci con quelle speciali. Ognuno ci mette addosso delle etichette, delle visioni bidimensionali che spesso hanno più a che fare con loro che non con ciò che siamo realmente noi. E anche noi di certo facciamo la stessa cosa con gli altri. Quando poi abbiamo tratti non banali, che ricadono nella casella delle stranezze, è un istante essere incasellati come mostri. Forse è perché siamo alla fine tutti spaventati e cerchiamo sicurezze nel sapere che tutto va secondo binari prestabiliti, non so. Resta che non è affatto facile farsi accettare se non si è entro limiti ben precisi. Che sia il fatto di avere un’estetica diversa dalla norma, che sia il fatto di avere passioni differenti da quelli della maggioranza, che sia avere sogni e progetti che cozzano con l’idea che gli altri si sono fatti per te. Figuriamoci quando succede che si sa parlare con creature con le quali non si dovrebbe, non si potrebbe. Allora ho deciso che voglio il coraggio non tanto di farmi accettare, ma il coraggio di essere me stessa senza vergognarmi di nulla. Il fatto di accettarmi o non farlo lo lascio agli altri, con la consapevolezza che chi non accetta le  persone nella loro complessità piena di colori vive vite racchiuse in recinti molto piccoli e si perde tantissima bellezza di questo mondo  e di questo nostro stare insieme.

 

 

Come descriverebbe i suoi colleghi di lavoro umani?

Allora, Cantoni vi ho già detto che è una testa dura, un brontolone anche un po’ dispotico e litighiamo sempre. Però è anche un professionista straordinario e con un gran fiuto. E una persona che mi ha insegnato non solo tutto ciò che so di questo mestiere, ma anche tante cose della vita in generale. Sa tanto delle bassezze alle quali può giungere l’essere umano, eppure nonostante questo non smette di amare le persone e tentare di aiutarle in ogni modo.
Tonino è la mia ancora di salvezza, è i cento chili più teneri e allo stesso tempo più marmorei che si possano immaginare. Tonino è umano, Tonino è travolgente per simpatia, Tonino ha sempre le parole giuste. Tonino è anche una persona che sa difendere quel che c’è da difendere a ogni costo.

Non dimentichiamo di parlare della componente animale e vegetale della squadra investigativa?

Otto mio bello cane d’agenzia, alanone arlecchino del mio cuore! Lui, il produttore della fiatella più infernale del pianeta, lui, la bestia più impacciatamente fifona e imbranata che esista. Lui che ha una testa larga come una cassetta da fiori, delle zanne poderosissime e una massa muscolare che lo rende una macchina d’attacco e che dobbiamo disincastrare da sotto i tavoli se solo vede un cane di quelli piccoli perché dice che sono i più feroci. Ma ha paura anche di molte altre cose, se per questo. Sui cibi no, su quelli va tranquillo e sereno e non c’è nulla che lo spaventi. Per il resto teme tutto e a volte trema tanto che ho paura che perda le macchie.
E poi abbiamo anche una pianta grassa stagista… in realtà lei dice che presto aprirà un’agenzia tutta sua e rileverà per due soldi anche la nostra. Dice che fa l’infiltrata fingendosi una pianta di plastica. La prego, non mi faccia continuare. E’ imbarazzante.
Poi c’è anche un geco. E no… sul geco faccia come se non le avessi detto nulla.

Se dovesse ripercorrere le sue indagini che ricordi si sente di condividere?

Ricordo tante cose. La madre di un ragazzo che era considerato da tutti una boccia persa; dei figli che non sapevano nulla dei loro genitori e avevano costruito montagne di rancori su idee sbagliate; famiglie piene di segreti e senza la voglia di sedersi a un tavolo e parlare. Esseri umani ognuno a suo modo alla deriva. Grandi solitudini, ecco queste me le ricordo tutte. E da ognuna di esse ho cercato di trarre un insegnamento e mai permettermi di far emergere un giudizio. Siamo tutti fragili, sa? E la linea fra colpevoli e innocenti è molto molto sottile.

Nella sua ultima avventura si è trovata a lavorare in un ambiente naturale dove tante erano le voci. Si è ripresa? E quale differenza ha notato tra i rumori della città e le voci di una moltitudine di alberi e animali?

Credo sia impossibile riprendersi dopo che uno sconfinato bosco con tutte le sue creature decide di parlarti tutto in contemporanea nella testa. Però ci sono eventi della vita dai quali è anche giusto non riprendersi del tutto, permettere che ci lascino dei segni e dei solchi che ci permettono di vivere le esperienze successive con consapevolezza nuove. Per esempio, da allora ora ho la piena coscienza delle tante solitudini urbane. Questi alberi con le radici soffocate dall’asfalto, distanziati gli uni dagli altri e posti dove sono come fossero solo cosi che devono fare ombra alle auto. O gli animali che vivono integrati in una dimensione costruita attorno a noi umani e che spesso sono però molto soli. C’è qualcosa che un po’ mette tristezza, ma c’è anche l’aspetto potente e positivo del fatto che i viventi delle città sono tanti, vivono con noi, non si lasciano chiudere fuori dalla porta urbana. Spezzano l’asfalto per germogliare con minuscoli fiorellini o cantano il loro saluto al cielo volando alti o svettando verdi e rigogliosi più su dei tetti delle case.

 

 

Animali e piante la aiutano spesso nel risolvere i suoi casi perché lei sa ascoltarli. Quali pensa potrebbero essere i vantaggi in un approccio più empatico con il mondo della natura e che consigli darebbe a chi non ha il suo “dono”?

Sentire i viventi, sentirli tutti, sentirli nel profondo non è un’esperienza semplice. A volte vorrei non capire nulla, essere arida, non sentire il dolore degli altri viventi come se fosse il mio. Vorrei sopravvivere alla complessità di tutto questo perché sono messa continuamente alla prova e in discussione. Eppure una volta il signor Freud scrisse al signor Einstein che la coltivazione dell’empatia è l’unico strumento che può essere di argine alle guerre e alle violenze. E chi sono io per dare torto al signor Freud. Allora mi dico che se il mio strano dono può aiutare a capire e avvicinare che ben venga. Anche se è davvero faticoso. E chi non ha il mio dono, l’empatia la può coltivare comunque: non abbiamo bisogno di parole o grandi discorsi per capire quando un vivente sta bene o sta soffrendo, per sentirlo vicino e provare uno dei sentimenti più nobili che esistano, ossia la tenerezza. Tutti, al di là dei nostri doni, se vogliamo possiamo ascoltare e sentire gli altri, respirare con loro questo tempo che ci è stato dato in sorte. E se ha ragione il signor Freud, fare quanto ci spetta per essere argini alla violenza e alla guerra.

Come ultima domanda, ringraziandola per la sua disponibilità le chiedo se c’è un animale o un gruppo di animali o piante con cui ha il rammarico di non essere entrata particolarmente in sintonia e se ce ne è qualcuno che invece le è rimasto impresso in modo particolare.

Uno dei miei più grandi dispiaceri è quello di non riuscire a comunicare con le zanzare ed entrare in trattative con loro. Io ci provo, ma loro zzzz e vanno avanti. Quindi mi raccomando, quando è agosto alla sera non pensate “Sì, però la Melissari potrebbe anche” perché ci ho provato e se la situazione resta questa qua non è colpa mia.
Per il resto sono tutti nel mio cuore, vegetali e animali. Ognuno di loro anche all’interno della stessa specie ha così tante caratteristiche individuali che tutto questo mondo è una meravigliosa collezione di capolavori unici nel loro genere. Non credete che sia anche questo a suo modo una magia?

 

Intervista di Enrico Spinelli

 

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